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LE AZIONI PER GIRARE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                           L’argomento è controverso perché nella pratica dell’Equitazione, in tutto il mondo, si fa precedere l’esperienza al ragionamento:  è un grave errore (“Le responsabilità dei media”) perché l’esperienza a cavallo non tiene conto della sua capacità di compensarsi e quindi di procurarsi gravi danni che ne compromettono la buona conservazione. 

Un buon cavaliere, nel senso pieno di questo termine, si giudica dalla sua capacità di lavorare i cavalli migliorandone il benessere:  è scritto anche sul regolamento.  Invece, nella mia ormai cinquantennale esperienza ho visto una grande quantità di cavalli,  di grande pregio, massacrati da cavalieri capaci soltanto di selezionarli  in base alla loro resistenza. 

Oscar Wilde, in un famoso aforisma, ci ha messo in guardia dal mettersi a discutere con gli stupidi:  me ne guardo bene!  Per loro bisogna soltanto applicare il codice penale.   Gli amici che mi leggono sono infatti attentamente selezionati tra le persone alle quali piace ragionare e comprendere:  la cosa che mi renderebbe più felice sarebbe che qualche lettore cogliesse qualche falla nella mia logica.  Sarebbe il modo migliore per dimostrare il proprio interesse alla redazione di questo blog.  

Sento dire che ci sono tanti modi per girare a cavallo:  a me pare invece che ce n’è uno solo, razionale:    quello che tiene conto della meccanica del cavallo.  E siccome la meccanica del cavallo cambia con il procedere dell’addestramento,  di pari passo devono cambiare, sottilmente, le azioni del cavaliere.   Il buon cavaliere è proprio quello che sente e comprende il livello di addestramento del cavallo che monta;  e ad esso adegua l’impiego dei suoi aiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il timone del cavallo (l’Hotte) è nelle sue anche e la sua capacità di girare con facilità dipende dalla loro flessibilità: minima in un puledro,  massima in un cavallo correttamente riunito.  La riunione consiste infatti proprio nella capacità delle anche (in egual modo) di inserirsi nel movimento del cavallo determinando l’estensione ed il rilevamento dell’incollatura. 

 

 

 

 

 

A dimostrazione di questo,  lavorando un puledro scosso andrà meglio  regolando più lunga la redine esterna;  invece un cavallo riunito andrà meglio su delle redini quasi pari,  proprio perché le due anche hanno raggiunto una flessibilità che consente loro di adattarsi al cambio di mano.  Non è un caso che P. d’Inzeo e Podhajsky lavorassero i cavalli su redini pari mentre altri addestratori  fanno il contrario. 

 

 

Un puledro non gira se non vi è l’indicazione della redine interna di apertura,  e, soprattutto,  l’ordine della gamba interna che gli fa portare le anche all’esterno.  La gamba esterna provvederà a mantenere il movimento in avanti. 

Con un cavallo riunito (“La tensione dorsale”),  al trotto,  la redine di apertura diventa redine diretta e contiene, quella esterna cede;  al galoppo la redine interna cede nella direzione della traiettoria nella quale vogliamo indirizzare il cavallo,  la redine esterna contiene e fa parete così come la gamba esterna. 

In altre parole, il cavaliere deve favorire e suggerire al cavallo l’uso più efficace e meno dispendioso della sua meccanica.

 

 

 

 

 

Per meglio comprendere,  al trotto il cavallo gira avanzando con la spalla esterna;  al galoppo quella interna come nella partenza.  E’ quindi ovvio che le azioni sono praticamente le stesse che si impiegano nella partenza(in un cavallo correttamente addestrato ogni tempo di galoppo è come una partenza). 

 

 

 

 

 

 

Se il cavaliere parte da un cavallo che galoppa bene,  scorrendo nella sua mano in leggerezza,  sarà facile girare con delle azioni quasi invisibili.  L’importante è che il cavaliere sappia convogliare tutto l’impulso espresso dal cavallo nella mano che cede.

                                                                                                                                Carlo Cadorna

2 Responses to “LE AZIONI PER GIRARE”

  1. MD #

    Gentilissimo Sig. Cadorna, la leggo saltuariamente, ho letto il suo invito e mi permetto perciò di scrivere qualcosa su come io vedo il cambio di direzione.

    Sempre cercando di andare alla ricerca delle cause delle cose per non trovarsi a dover agire sugli effetti, cosa che in Equitazione rispecchia un po’ il lavoro dell’Alchimista, è mia opinione che, indipendentemente da qualunque altra condizione (puledro o cavallo addestrato), ciò che origina il cambio di direzione, come per la camminata o corsa dell’uomo, è semplicemente una “perdita di equilibrio” verso qualche parte. Il lasciarsi andare alla forza di gravità verso una o l’altra direzione.

    Nella deambulazione, c’è una spinta iniziale e poi una fase dove il corpo va da sè, fino all’atterraggio sull’altro piede, che riprende in carico la massa e tutto ricomincia.
    Quando si vuole girare, non si può fare altro che orientare la massa un pochino verso dove si vuole andare.

    Ma è il MODO con cui la si orienta che fa la differenza.

    Un bambino (o un adulto poco avvezzo all’attività fisica), quindi non ben padrone del suo corpo, anziché orientare le varie parti di se stesso in modo efficace e ordinato, trovandosi a dover girare in condizioni a lui inusuali, lo si osserverà barcamenarsi in movimenti di testa, braccia, busto, gambe più o meno disordinati, e ne risulteranno dei cambi di direzione impacciati. Viceversa un atleta ben preparato avrà una padronanza del suo corpo tale da posizionare ogni parte di se stesso in modo sempre efficace in ragione del cambio di direzione che dovrà avvenire.

    Nel cavallo è lo stesso. Un puledro o un cavallo non bene addestrato effettueranno dei cambi di direzione disordinati o precari (o non ci riusciranno affatto) per il solo fatto di non sapere o non potere (a causa di un cavaliere inesperto) disporre il proprio corpo (dalla testa alla coda) in modo ottimale a quello che sta per avvenire.

    Bisogna quindi, a mio parere, sforzarsi di evitare di associare gli aiuti (redini di apertura, opposizione, questa o quella gamba etc) direttamente alla girata, ma piuttosto pensare ad essi fin dall’inizio come mezzo per disporre le varie parti del corpo del cavallo. L’azione e il fatto stesso che il cavallo è in movimento faranno il resto.

    Mani e gambe danno al cavallo la postura che si pensa utile alla girata che verrà, anche tenuto conto delle asimmetrie o debolezze da dover compensare, segue la “cessione” degli aiuti, la “discesa” di mano e di gamba, poiché la posizione è data. Sarà perciò sufficiente pesare con il busto come conclusione, e il cavallo ci verrà dietro “come l’equilibrista va dietro la piuma che vuole tenere dritta sulla testa”.

    Da quando ho questo modo di vedere, i cavalli girano liberamente senza sforzo perché i miei aiuti non intervengono sulla girata, non la disturbano, il cavallo è già stato disposto prima, al limite posso sbagliare a disporlo, oppure è il cavallo ad uscire dalla disposizione che voglio. Allora se riesco riprendo la postura durante la girata, oppure se non riesco sono consapevole di cosa non vada e questo mette almeno al riparo da fare azioni stupide…. benché queste ultime temo di non riuscire ad eliminarle mai completamente.

    Cordialità.

    13 Maggio 2014 at 16:59 Rispondi
    • lastriglia #

      Gentile lettore,
      forse non ha letto tutto il sito (“Note sull’addestramento italiano”-“Cavallo e cavaliere tra tecnica, cultura e scienza” ed un accenno in quasi tutti gli articoli tecnici), ma quello che Lei sostiene è esattamente quello che bisogna fare. Infatti il buon cavaliere insegna al cavallo indicandogli la posizione che gli permette di muoversi meglio(equilibrio) e con la minore fatica(impulso). Il cavallo comprende apprezzando il lavoro e lo dimostra con l’impazienza di uscire dal box quando andiamo a montarlo. Ma il compito dell’Equitazione che cerco di spiegare non finisce qui: lo scopo finale è quello di formare un atleta che deve girare pochi metri davanti ad un verticale di 160 cm. in grande leggerezza e NON in squilibrio, altrimenti non potrebbe saltarlo. Ci si riesce con la riunione, presupposto e conseguenza dell’impulso(tensione dorsale): essa permette di girare riducendo l’oscillazione al minimo, mantenendo il cavallo con il peso sui posteriori. Osservi la Dujardin quando esegue la piroetta al galoppo. Così come i migliori cavalieri (Deusser, Beerbaum, Brash, O’Connor, Schroeder….)quando affrontano gli ostacoli in girata nei barrage. Però, questo è il risultato finale di un lungo lavoro che ha come scopo di rendere il cavallo diritto: non si può svolgere proficuamente questo lavoro senza saper intervenire in ogni momento con le correzioni più idonee. E come poter suggerire le correzioni più idonee senza una terminologia delle azioni degli aiuti??? Inoltre tenga presente che non tutti i cavalieri hanno la Sua sensibilità: bisogna quindi far sì che riescano a montare correttamente anche quelli che hanno bisogno di ragionare su quello che fanno a cavallo perché l’istinto non li aiuta. Grazie per il bell’intervento!!

      13 Maggio 2014 at 18:28 Rispondi

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