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NOTE SULL’ADDESTRAMENTO ITALIANO

Cavallo preparato secondo la scuola italiana (Forquet)

                                                     Si differenzia da quello di origine accademica o di scuola  perché, anziché adattare il baricentro del cavallo a quello del cavaliere seduto in sella,  inizia accordando il cavaliere a quello del cavallo. Questo perchè, per l’impiego del cavallo, utilizza la sua oscillazione dorsale che deve essere favorita e potenziata attraverso lo sviluppo della copertura e della cadenza delle andature.  Di conseguenza ha l’enorme vantaggio che i progressi del cavallo, conseguenti a quelli dell’assetto del cavaliere, sono definitivi.

Prendendo in esame l’andatura del galoppo, che è quella sportiva,  il baricentro oscilla all’interno della base di appoggio dall’estremo posteriore del primo tempo all’estremo anteriore del terzo tempo.
Se il cavaliere ha un assetto che non gli consente di accordare il proprio baricentro con quello del cavallo, questo perderà gran parte delle sue iniziative naturali:  è come una ballerina con un compagno sgraziato ed insensibile.  Tale è l’assetto di scuola  che parte dalla posizione seduta ed offre al cavaliere una possibilità limitata di muovere il proprio baricentro (il perfezionamento di questo assetto si ottiene con il lavoro senza staffe).  La conseguenza di questo tipo di assetto (che mette il cavaliere sempre “dietro” al cavallo) è che il cavallo non riesce più a coordinare l’azione del treno anteriore con quello posteriore.  Inoltre il cavaliere costituisce un “peso morto” molto più faticoso da portare, che preme sulle ultime vertebre dorsali provocando il disimpegno dei posteriori(“L’osteopatia”).

L’assetto italiano, inventato dal Cap. Caprilli, è l’unico che consente al cavaliere di muovere il proprio baricentro e di assecondare il cavallo senza perdere l’indipendenza della mano, la sicurezza in sella ed il libero uso degli aiuti.  Conseguentemente il cavallo conserverà  intatto il suo impulso naturale e lo incrementerà DA SOLO ove il cavaliere sappia fargli comprendere qual’è la postura a lui più confacente.  Quindi è il cavallo che lavora, consigliato dal cavaliere e NON il cavaliere che lavora il cavallo.  Cavallo e cavaliere costituiranno il BINOMIO!

Esso è basato sull’inforcatura e sul “giusto uso delle staffe” conseguente ad una giusta lunghezza degli staffili – quella sufficiente a fermare le ginocchia contro i quartieri della sella-.

Il cavaliere effettua gli stessi movimenti che farebbe per sollevarsi lentamente da uno sgabello: porta i piedi sotto di sé e preme i talloni in basso tendendo la muscolatura lombare.  In questo modo potrà sollevarsi dalla sella ed assecondare il baricentro del cavallo anche nei grandi spostamenti.

La fermezza in sella sarà assicurata anche dalla suola in fuori che avvicina il ginocchio ai quartieri ed appiattisce le coscie.   Questa fermezza e la libera disponibilità del proprio baricentro, consentono di non interferire con il movimento del cavallo (“L’azione del peso del corpo”) ed alla mano del cavaliere (che inizia dalle spalle) di andare con la bocca del cavallo (cedere) e resistere senza tirare.

Le mani, mentre nell’equitazione classica (di scuola) vanno tenute diritte con le seconde falangi che si guardano (posizione che evoca il tenere), devono essere abbandonate a tetto con i polsi arrotondati, unitamente a braccia ed avambracci (posizione che evoca il cedere).

L’assetto,  per il tramite della flessibilità delle reni, dovrà essere penetrante (inserito nel movimento del cavallo), dall’indietro in avanti con le spalle aperte, allo scopo di avere sempre il cavallo davanti (è lo stesso movimento che il cavaliere farebbe in piedi su un’altalena e deve portare all’avanzamento ritmico del bacino che, a sua volta, fa scendere le ginocchia ed avvicinare le gambe): questi, attraverso le azioni descritte negli articoli precedenti, dovrà prima mettersi nella mano e poi distaccarsi dalla mano, cosa che si otterrà facilmente se l’incollatura sarà disposta come continuazione della linea dorsale (vedi  “La lezione di Piero” – “Il giusto uso dell’incollatura”).

A questo punto- quando viene nella mano da solo– il cavallo sarà in grado di regolare spontaneamente il proprio impulso(perché sarà connaturato con la sua attitudine psicologica), consigliato dall’azione del peso del corpo del cavaliere che “scenderà con gambe e mani” , ed il suo addestramento potrà dirsi concluso. L’addestramento sarà più facile con cavalli insanguati e generosi e potrà essere abbreviato da un giusto lavoro scosso nel tondino (12 m.) con le redini fisse: bisogna fare in modo che le redini non tengano l’incollatura in una posizione e premino il cavallo quando si estende!  Deve essere il cavallo che, sotto l’azione della frusta, distende il collo e tende le redini.

Il lato più rigido del cavallo (quello opposto alla criniera), deve essere, prevalentemente (ma con frequenti cambiamenti di mano), tenuto all’interno su delle redini con il lato interno più corto(ma la differenza- 10-20 cm.- diminuisce con il procedere dell’addestramento), allo scopo di favorire la flessione dell’ anca posteriore interna attraverso la spinta del posteriore esterno . Analogamente, nel lavoro montato,  l’azione delle gambe (sopratutto quella esterna) dovrà far avanzare il cavallo affinchè si tenda sulla redine interna distaccandosi da quella esterna.

Per meglio comprendere,  nell’equitazione classica (di scuola), il cavallo è equilibrato quando si piazza come conseguenza delle azioni del cavaliere con i suoi aiuti – il cavaliere regola la falcata di galoppo del cavallo;  nell’addestramento italiano è equilibrato quando, fatto avanzare nella mano,  si distacca da essa;  atteggiamento che impara da sé ove il cavaliere lo assecondi lasciandogli il libero uso dell’incollatura e delle reni – il cavaliere regola l’equilibrio e l’impulso del cavallo.

Nell’equitazione di scuola l’impulso dipende dagli aiuti del cavaliere, in quella naturale non richiede altro aiuto che l’azione del peso del corpo (“L’azione del peso del corpo”).

La differenza si manifesta quando aumenta la velocità:  mentre il cavallo addestrato secondo i criteri dell’equitazione classica (di scuola) tende a mettersi sulla mano fermando la schiena (atteggiamento che lo predispone all’errore di posteriore),  quello addestrato con il sistema naturale,  poiché l’aumento della velocità fa aumentare la tensione dorsale, avrà maggiore facilità a distaccarsi dalla mano. Questo perché il cavallo si distacca quando  le articolazioni posteriori si flettono e questo avviene per l’opposizione della mano all’impulso, tanto più efficace quanto più la linea dorsale è tesa.

Deve quindi essere chiaro che si tratta di due metodi diversi che sviluppano muscoli diversi, spesso antagonisti.

 Infine, particolare non secondario,  il cavallo impiegherà i suoi muscoli in modo naturale:  di conseguenza non lavoreranno mai in una situazione di sforzo, quella che determina tutte le lesioni.

                                                                                            Carlo Cadorna

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