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L’ISTRUZIONE A CAVALLO

  Nell’articolo “Didattica Equestre” ho indicato gli obiettivi ed i gradini dell’istruzione a cavallo.   I mezzi per realizzarla sono un cavallo istruito ed un istruttore appassionato e competente.

Istruire significa far comprendere perché soltanto comprendendo l’utilità di quello che gli si dice di fare l’allievo si convincerà dell’opportunità di farlo.  Lo stesso avviene nei confronti del cavallo da addestrare. Un cavaliere “istruito” dovrebbe sentire in ogni momento che cosa avviene sotto di lui in modo da poter intervenire con immediatezza per determinare le necessarie correzioni.

Nell’istruzione a cavallo tutto ruota intorno alla qualità dell’assetto (“La lezione di Piero”), alla leggerezza della mano ed al coordinamento degli aiuti (tatto equestre- “Il coordinamento degli aiuti”). Se l’assetto è difettoso bisogna ricominciare da capo perché ogni pezzo della costruzione deve essere edificato separatamente ed a regola d’arte prima di metterli insieme (“Il futuro dell’equitazione italiana”).

L’importante è che si corregga sempre la causa e non l’effetto dicendo al cavaliere quello che deve fare:  in altre parole, i difetti si correggono indirettamente ripristinando la corretta funzione di ogni parte del corpo. Le correzioni negative creano solo confusione nella mente dell’allievo e non lo aiutano a migliorare.  Per poterlo fare l’istruttore deve avere maturato il “colpo d’occhio” (“Osservare il cavallo” – “Osservare il cavaliere”) ed attenere le sue indicazioni alla massima semplicità .

L’esempio più comune è la posizione della gamba che non è altro che il risultato della posizione della testa, che va sostenuta;  del funzionamento della schiena che deve far avanzare il bacino; della spinta del tallone in basso, che deve far scendere la gamba.  Limitarsi a correggere la posizione della gamba sarebbe inutile e controproducente  perché, per eliminare un difetto, se ne crea un altro più grave. In altre parole, non è il tallone che deve stare sotto il bacino, ma il bacino che deve andare sopra al tallone: si parte dalle estremità (testa e tallone) per correggere la parte centrale dell’assetto.

Molti istruttori, allo scopo di rimediare alla mancanza di fermezza nell’assetto degli allievi, consigliano loro di stare seduti:  la fermezza si può ottenere soltanto spingendo il tallone in basso!  La posizione seduta impedisce all’allievo di “sentire il cavallo” e fa irrigidire le vertebre dorsali: di conseguenza il movimento dei posteriori si farà meno ampio e contratto.


Nella pratica comune, gli errori più gravi si vedono nell’esecuzione del trotto leggero il cui insegnamento corretto costituisce invece la base per la formazione dei cavalieri.

Nel tempo seduto il cavaliere deve entrare e scendere nella sella (correzione: testa alta-apri le spalle-avanza col bacino-spingi i talloni in basso);  non deve quindi lasciar cadere, come un peso morto,  la sua massa  sulla schiena del cavallo(altrimenti sarebbe meglio trottare seduto).  Per meglio comprendere, la maggiore oscillazione della linea dorsale del cavallo deve venire dalla maggiore spinta dei talloni in basso(“L’azione del peso del corpo”) e NON dalla pressione delle natiche sulla sella (che si esercita sulle delicate vertebre dorsali D15-18 la cui funzione è anche quella di permettere l’impegno dei posteriori).

In quello sollevato deve fare corpo con il cavallo e portarlo in avanti a coprire spazio.  Lo può fare, rispettando l’esigenza primaria di lasciar passare l’impulso sotto di sé, soltanto fermando dinamicamente  la sua posizione in sella  attraverso il “giusto uso della staffa” (“L’assetto in sella”) (correzione: spingi sulle staffe-porta avanti la cintura dei pantaloni).

Alcuni istruttori insegnano a sollevarsi molto, altri poco dalla sella: sono entrambe posizioni errate perché l’entità del sollevamento dipende dall’esigenza primaria di assecondare il baricentro del cavallo. In un puledro il baricentro oscilla tra l’attacco degli staffili ed il limite anteriore della base di appoggio (gli arti anteriori):  di conseguenza il cavaliere dovrà sollevarsi molto per non restare indietro. In un cavallo riunito invece, l’oscillazione del baricentro sarà contenuta tra l’attacco degli staffili ed il centro della sella:  di conseguenza il cavaliere dovrà sollevarsi poco, restando vicino alla sella (soprattutto al galoppo).

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Bisogna quindi sviluppare negli allievi il “senso del cavallo” ovvero la capacità di sentirne il baricentro attraverso esercizi idonei (“Didattica equestre”). Alcuni istruttori dicono agli allievi di stare “diritti” : è un grave errore perché l’allievo omette di piegarsi all’inguine e, quando si solleva dalla sella, anziché andare avanti con il cavallo, va verso l’alto (quello che viene definito “trottare con la pancia”).  La correzione giusta è invece “alza il mento ed apri le spalle” che è quello che il cavaliere deve fare per invitare il cavallo ad equilibrarsi. Gli istruttori della scuola di Pinerolo qualificavano i cavalieri che non sapevano fermare il proprio assetto nell’equilibrio CON il cavallo con la frase lapidaria :” Non sa trottare“!

E’ molto producente utilizzare delle immagini per aiutare la comprensione degli allievi( es. “immagina di toccare terra con i piedi” -“immagina che la tua testa sia sospesa al soffitto”).

In estrema sintesi la qualità dell’assetto dipende dalla sua parte centrale: ma gli istruttori devono tener presente che il suo funzionamente è condizionato dai due estremi:  il mento ed i talloni !!!

Una volta ottenuto l’assetto corretto, deve essere stabilizzato attraverso la ginnastica a cavallo e  confermato in esercizi che aumentano gradualmente l’entità dell’oscillazione dorsale del cavallo(montagnola).

Invece, l’efficacia ed il coordinamento degli aiuti si insegna separatamente e si perfeziona attraverso l’esecuzione delle transizioni alternando continuamente la ricerca dell’equilibrio con quella dell’impulso. (“La tensione dorsale”).   Di conseguenza è fondamentale  insegnare a portare avanti le mani ogni volta che si mettono le gambe:  si può ottenere soltanto se la mano dialoga con la bocca del cavallo e cambia continuamente la sua posizione, senza peraltro interferire con il lavoro.  Per insegnare il dialogo con la bocca è molto utile far lavorare a mano dei cavalli addestrati.

Alcuni istruttori poco qualificati della scuola caprilliana facevano impugnare le redini molto corte( la correzione corretta è “vai avanti con le mani sulle redini” e NON “accorcia le redini”): tale metodo derivava dall’istruzione dei soldati il cui scopo era soltanto quello di dare sicurezza al cavaliere ed il minimo fastidio al cavallo. Le redini devono essere impugnate alla stessa lunghezza che si avrebbe con una mano sola, rispettando la libertà dell’incollatura e l’assunto che le mani devono essere sempre davanti alle spalle: ma braccia e mani devono scendere dalle spalle rilasciate e naturali: infatti è il cavallo che deve tendere le redini e non lo farà mai se braccia e mani non sono completamente rilasciate.  

Tutto quanto si insegna deve prima essere fatto vedere,  poi fatto “sentire” ed infine fatto eseguire.  A far vedere può essere l’istruttore stesso oppure questi può indicare, come esempio, uno degli allievi stimolando così anche lo spirito di emulazione.  Per far “sentire” è indispensabile che l’istruttore monti e lavori, bastano 20 minuti, il cavallo dell’allievo;  oppure disponga, nel caso di una scuola, di cavalli ben addestrati e mantenuti ben registrati.   L’esecuzione deve essere precisa e perfetta e non ci si deve accontentare fino a che questo risultato sia stato raggiunto.

Ovviamente il buon istruttore non richiede mai agli allievi come ai cavalli un esercizio che sia al di sopra delle loro possibilità. Deve invece aggirare le difficoltà attraverso esercizi che permettano agli allievi di raggiungere lo stesso risultato.  In genere basta tornare all’andatura inferiore oppure aiutarsi con ausili didattici tipo le barriere a terra o il tenere le redini con una sola mano.

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L’istruttore esperto deve porre la massima attenzione a tutte le difese dei cavalli (“Le difese dei cavalli”):  infatti, sono esse il termometro della qualità dell’assetto e, quindi, degli aiuti.  Il cavallo con il naso sotto la verticale denuncia, senza possibilità di errore, una mano che tira.  Facendo impugnare le redini con una mano si correggerà la difesa e si convincerà l’allievo.  La  stessa soluzione per il cavallo che non allunga:  la frusta nella mano libera otterrà il risultato voluto e convincerà l’allievo della necessità di un diverso rapporto tra gli aiuti (più gamba- meno mano).

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Quando è stato ottenuto un assetto corretto l’istruzione deve concentrarsi sul lavoro in piano il cui presupposto è l’impulso:  di conseguenza bisogna richiedere continue transizioni, prima di andatura e poi di velocità.  Questo è l’unica modalità, con cavalieri poco esperti, per ottenere un lavoro che sia produttivo ed abbia quindi una qualche influenza positiva e duratura sulla meccanica dei cavalli.

Bisogna anche fermare spesso, mantenendo l’impulso (“La tensione dorsale”), allo scopo di far respirare e ragionare cavalli ed allievi.

Al termine di ogni lezione bisogna ricapitolare, con gli allievi, quanto è stato spiegato e rispondere ad eventuali quesiti.  Col tempo, se l’istruzione è stata corretta, agli allievi deve riuscire istintivo comportarsi secondo le regole della buona equitazione.

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Per concludere, la mia esperienza mi ha insegnato che i risultati migliori si ottengono con gli esercizi semplici perché meglio compresi dai cavalli.  Il buon istruttore è quello che sa semplificare secondo il livello dell’allievo:  ai principianti bisogna soprattutto insegnare l’assieme con il cavallo;  agli esperti la sua meccanica.

L’importante è la qualità dell’esecuzione che deve essere ripetuta fino ad ottenere la perfezione.

 

Carlo Cadorna

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