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IL FUTURO DELL’EQUITAZIONE ITALIANA

 

 

 

 

 

 

Il futuro dell’Equitazione italiana è determinato da tre variabili:  la qualità dei cavalli,  il talento dei cavalieri e la tecnica di utilizzo dei cavalli (addestramento).

Mentre si può fare poco per migliorare la selezione delle prime due, molto si può fare per una migliore gestione ed utilizzo dei cavalli.  Ne devono essere consapevoli i dirigenti federali, gli istruttori e, sopratutto, i ragazzi: senza un loro impegno diretto e costante in questa direzione, non credo che si vada molto oltre le chiacchere.  E questo è un punto dolente perchè, nelle nostre scuole, sono pochi i giovani cavalieri disposti a sacrificarsi per montare meglio.

Non è colpa loro: sono alcuni genitori irresponsabili che pensano solo al risultato immediato e gli istruttori commercianti i veri responsabili. La tecnica di utilizzo dei cavalli è condizionata dall’impiego che essi fanno della linea dorsale: quindi è la qualità della mano del cavaliere ad essere determinante.  E tanto più determinante quanto più il cavallo diventa leggero e si avvicina alle condizioni di massimo impiego (“L’equitazione naturale e la riunione”).

A sua volta la qualità della mano è determinata dalla sua indipendenza e cioè dalla qualità dell’assetto.  Tutti abbiamo potuto osservare la facilità dimostrata dalla cavalla Seldana sotto la monta del cavaliere Lejeune;  eppure la stessa cavalla era stata definita pochi giorni prima “poco cavalcabile” dal suo precedente cavaliere.  Altra mano!

 

 

 

Molti cavalieri confondono la posizione con l’assetto:  la giusta posizione aiuta a raggiungere un buon assetto che ha un valore essenzialmente funzionale.  Deve assicurare al cavaliere la fermezza necessaria a resistere con la mano senza tirare,  a non lasciarsi trascinare dall’energia cinetica che lo spinge in avanti in caso di rallentamento, a seguire il baricentro del cavallo quando questo scatta in avanti.

 

 

 

La consuetudine dei cavalieri che montano in completo di buttarsi indietro quando saltano nell’acqua (20 cm. !!!) indica una mancanza di assetto che determina l’impossibilità, da parte del cavaliere, di sentire l’equilibrio del cavallo.

salto corretto1

 

 

 

 

 

La FISE ha la grave colpa di avere, negli anni passati, distribuito un manuale che non precisa come si ottiene la fermezza: è opportuno che questa lacuna sia corretta quanto prima. Ricordo che la fermezza si ottiene con una giusta lunghezza della staffatura(che non deve essere nè lunga nè corta!), con la spinta del tallone in basso e della suola in fuori e…. molta ginnastica!

Allego una foto del 1964: per me il cavallo era ancora nel novero dei sogni. Il cavaliere mostra come, con un giusto assetto, la mano possa assecondare completamente l’incollatura del cavallo, anche oltre i due metri.

Questo cavaliere oggi è ancora a cavallo, con lo stesso stile di allora, a dimostrazione del fatto che faticare per acquisire un buon assetto è un ottimo investimento per tutti i cavalieri e sopratutto per quelli più giovani.

Buon tallone basso Stefano (Carli)!!!

Carlo Cadorna

7 Responses to “IL FUTURO DELL’EQUITAZIONE ITALIANA”

  1. sebastiano comis #

    Quello italiano è un problema di cultura sportiva in generale e di cultura equestre in , particolare. In un panorama sportivo disastrato l’equitazione non fa eccezione. La crisi è cominciata prima, almeno trent’anni fa, da quando cioè è stata consumata l’eredità della equitazione militare. Al suo posto si è instaurato un sistema basato sull’improvvisazione tecnica e sul commercio (in nero). Si dovrebbe ripartire dalla preparazione degli istruttori, ma è un lavoro lungo, che non rende sul piano elettorale.
    Lo ha capito bene l’attuale presidente della FISe, che preferisce creare comitati elettorali di allevatori e proprietari, mentre il plurisettimanale on line della federazione si occupa di nascondere il disastro del nostro s.o. (quello di di Piazza di Siena è il peggior risultato degli ultimi 12 anni) con titoli che annunciano successi inesistenti.

    3 Luglio 2011 at 14:05 Rispondi
    • Carlo Cadorna #

      Condivido! Aggiungo che certamente c’è una responsabilità da parte dei presidenti che si sono cullati nei successi dei D’Inzeo e non hanno pensato, allora che tutto era più facile, a creare una struttura “Scuola Nazionale di Equitazione”. Oggi è difficile perchè pochissimi hanno la cultura ma non hanno alcun potere decisionale. Ecco perchè, in questo momento, è importante la comunicazione: rendere tutti gli appassionati coscienti dei veri problemi e del modo più razionale per risolverli.

      3 Luglio 2011 at 20:55 Rispondi
  2. Aulo Vibenna #

    Ho letto recentemente che un grande nome dell’equitazione italiana incolpava i “vecchi” maestri- quelli che provenivano dalla grande tradizione della Scuola di Pinerolo- di eccessivo attaccamento all’ortodossia caprilliana, fatto che avrebbe indotto i “nuovi” a cercare all’estero le opportunità di ” crescere tecnicamente”, al passo con le mutate condizioni in cui si svolge l’attività agonistica…Non voglio fare il “laudator temporis actis”, ma basta guardare quanti cavalieri montano oggi con l’assetto che ha portato i fratelli D’Inzeo sul massimo podio, nei campi ostacoli di tutto il mondo….Si dice che il piede introdotto nella staffa “fino all’incavo” è ormai un retaggio dei tempi andati…Comunque, Gutierrez, con quell’assetto saltò 2 metri e 44 e i vari D’Inzeo, Mancinelli e compagni hanno riempito il nostro medagliere nazionale! E oggi?

    10 Novembre 2011 at 17:42 Rispondi
    • Carlo Cadorna #

      Purtroppo Caprilli è morto troppo presto: dopo di Lui c’è stata una bella confusione. Da chi ha creduto che l’equitazione naturale avesse reso inutile il lavoro in piano a chi, non avendo saputo o potuto comprenderla si è convertito all’equitazione di scuola. Lucio Lami ha compiuto un lavoro importante di ricerca ed ha pubblicato il libro “l’equitazione naturale ed i maestri italiani”. Leggendolo, una persona pratica di equitazione comprende dove sta la verità.
      Ho dedicato molti anni a studiare il fenomeno caprilliano perchè non si può credere, per principio, che una persona colta dica delle stupidaggini. Quindi ho voluto verificare se quanto affermato dai caprilliani più colti e preparati (Formigli, Forquet, Ubertalli, Badino Rossi…) era vero ed utile all’impiego agonistico moderno del cavallo.
      Ne ho avuto e ne ho ogni giorno di più la conferma! Caprilli ha elevato moltissimo la qualità dell’equitazione perchè ha inventato un assetto che conferisce indipendenza alla mano ed assieme con il cavallo anche in una situazione dinamica.
      Ma non ha modificato l’equitazione in se stessa se non rendendola più semplice nelle sue applicazioni (ad esempio l’uso della gamba). Quindi, per ottenere dei risultati, bisogna lavorare, lavorare, lavorare allo scopo di ottenere un cavallo che si tenda davanti al cavaliere e si fletta dietro. Se non si ottiene questo parliamo del nulla…. Oggi quasi tutti i cavalli sono flessi davanti e, quindi, non possono flettersi dietro.

      11 Novembre 2011 at 06:09 Rispondi
      • giuseppe #

        Un Cavaliere non dovrebbe mai esprimersi in modo volgare,
        e non lo farò, però applicherei la teoria di Lippi, ex allenatore dell’Inter
        e della nazionale italiana, sia allo staf dirigenti che cavalieri, quella che tutti andrebbero presi a calci in c.
        Appena due mesi fa in Spagna abbiamo perso per la 4° volta l’ingresso alle olimpiadi: sono 27 ( se non erro) anni che non si vince più una Coppa delle Nazioni.
        L’unica soluzione rimasta è quella di cui sopra.
        Un rispettoso saluto ai pochi PROFESSIONISTI rimasti .
        Giuseppe

        23 Novembre 2011 at 20:37 Rispondi
  3. timoteo #

    Qualche indicazione per trovare una copia del libro di Lucio Lami ?,
    grazie .

    14 Luglio 2015 at 18:11 Rispondi
    • lastriglia #

      Ormai nei libri vecchi: c’è una signora di Grottaferrata che vende libri vecchi di equitazione. Devo ritrovare l’indirizzo….Altrimenti su internet (e-bay).

      14 Luglio 2015 at 19:09 Rispondi

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