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CHIARIMENTI SULLA DIDATTICA EQUESTRE

Questo cavaliere non può migliorare se non appoggia bene i piedi sulle staffe!

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Vi sono alcuni siti internet che ospitano delle associazioni che si richiamano al Cap. Caprilli ed all’equitazione naturale:  raramente sono qualificate, anzi, il più delle volte si richiamano ad interpretazioni del Sistema che si rifanno alla scuola francese e, di conseguenza, ne snaturano i contenuti.

E’ stato recentemente pubblicato (03/2016) un libro sullo stile Caprilli che contiene una presentazione del presidente della FISE.  Caprilli non ha inventato l’equitazione ma il modo per assecondare il cavallo, facilitandola.  Questo perchè, in un cavallo ben preparato, l’impegno dei posteriori sarà direttamente proporzionale alla tendenza dell’assetto ad inforcarsi.

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L’equitazione è basata sull’impulso che si esprime con la tensione dorsale che il cavallo, di sua volontà, esercita nella mano del cavaliere (come il vapore nella valvola della pentola a pressione). Il cavaliere che meglio ha espresso questo concetto fondamentale è stato Piero d’Inzeo, vero anticipatore dell’equitazione moderna (non a caso detiene ancora il record di vittorie nei maggiori gran premi).

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Egli lo riassumeva nel creare tensione davanti a sé ed aspettare il cavallo con le gambe vicine. Una bocciatura per i cavalieri che montano il cavallo davanti all’ostacolo:  d’altro canto i percorsi di oggi, quelli preparati dai migliori direttori di campo, puniscono senza appello i cavalieri che interferiscono con le decisioni del cavallo davanti all’ostacolo.

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Ed è sintomatico che gli istruttori di maggiore successo (Tops- Alexander) insegnino esattamente questo modo di utilizzare il cavallo( vedere J. Springsteen).

Ma ( Ubertalli) “per sviluppare l’impulso bisogna assecondare il cavallo che vuol dire lasciarlo libero nella spina dorsale ed accompagnare il suo col nostro centro di gravità:  occorre pertanto (nel trotto leggero) che il busto del cavaliere lasci il seggio della sella di propria iniziativa e non perché respinto dalla schiena del cavallo: e si sollevi mentre avviene la contrazione dei muscoli lombari, senza attenderne la estensione”.

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Questo significa che il cavaliere deve sollevarsi dalla sella, attraverso il giusto uso della staffa, con un atto volontario che mette in funzione la muscolatura necessaria e non avvalendosi e sfruttando le sollecitazioni del cavallo (come è scritto nel libro) perché questo comportamento spegnerebbe l’impulso invece di favorirlo.

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D’altro canto la caviglia non deve “amortizzare passivamente il peso scaricandolo sul tallone flesso in basso” ma deve flettersi per la spinta volontaria del tallone in basso perché questa azione fa scendere la gamba e consente al cavaliere di inforcarsi e fare corpo con il cavallo conferendogli la fermezza.

Parlando dell’assetto consiglia la gamba naturalmente cadente con il polpaccio semplicemente aderente al costato: sono due prescrizioni antitetiche come si nota soprattutto se un cavaliere di statura monta un cavallo piccolo e senza pancia. Il polpaccio aderente deriva dalla scuola francese (per fermare la gamba senza la spinta del tallone in basso) e non consente l’indipendenza della gamba che, come aiuto, deve essere tale.

Bisogna inoltre precisare che l’equitazione naturale è semplice ma non è affatto facile e non è nemmeno elementare, e quindi superata dai tempi, come qualcuno sostiene.  Il grande vantaggio è che rispetta la meccanica del cavallo e quindi ne preserva l’integrità fisica fino in tarda età sviluppando una qualità dell’impulso sconosciuta all’equitazione di scuola.

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Il fondamento dell’equitazione naturale è costituito dalla capacità e dalla possibilità,  da parte del cavaliere,  di sentire il baricentro del cavallo e di muoversi in costante armonia con esso.   Infatti, scopo dell’equitazione naturale è quello di creare un insieme perfetto tra cavallo e cavaliere;  si tratta del famoso binomio assimilabile ad una coppia che balla.

Ma se chi conduce dice al partner di andare a destra e poi non ci va,  perderà la fiducia del partner che, all’ordine successivo, si guarderà bene dall’eseguire:  è quello che succede al cavallo montato da un cavaliere incapace di “andare con lui”.

 

 

 

 

Ecco perché, fin dalle prime lezioni,  il cavaliere deve ricercare l’equilibrio  a cavallo attraverso l’uso delle sue articolazioni (“Didattica equestre”) e quindi,  dopo aver percepito gli spostamenti del baricentro del cavallo (“La montagnola”),  assecondarli attraverso il “giusto uso della staffa” (Leggi “L’assetto a cavallo” – “L’addestramento italiano”).

L’assecondamento del baricentro del cavallo trova i suoi naturali riscontri nel mantenimento e nello sviluppo dell’impulso naturale  oltre che in un corretto rapporto tra la mano del cavaliere e la bocca del cavallo.  Questi due riscontri sono evidentemente legati tra loro perché il funzionamento della schiena del cavallo dipende dall’oscillazione dell’incollatura e viceversa.

Ed è una facoltà riservata a pochissimi cavalli quella di usare la schiena semplicemente “lavorando”: in realtà la maggioranza di essi ha bisogno di un addestratore che faccia loro comprendere qual è la postura giusta per poter disporre le leve posteriori in posizione di spinta! (Cossilla)

 

 

 

 

 

Per quanto precede, l’assetto di scuola (sia essa francese o tedesca), che considera la staffa soltanto una comodità,  non è idoneo ad assolvere le funzioni sopra descritte.  I cavalieri che montano con le redini lunghe sono quasi sempre dietro al baricentro del cavallo perché manca loro il controllo della mano che richiede invece delle redini aggiustate.  Non a caso Piero d’Inzeo, in una intervista, ha precisato che la sella non è una poltrona:  frase che sicuramente gli è stata trasmessa da Suo Padre.

Nel 1979 ho partecipato all’internazionale di Palermo.  Montavo un cavallo che, per passate vicissitudini poco felici, tendeva ad abbassare la schiena. Mi trovavo in campo prova e mi concentravo sul giusto uso della staffa appunto per liberare la schiena del mio cavallo.   In campo c’era anche Nelson Pessoa che aveva gli stessi problemi ma utilizzava una ricetta molto diversa, premendo, come su di una poltrona, sulla schiena del Suo cavallo.  Ho notato infatti che mi guardava con una certa curiosità.  Per la cronaca io sono finito al terzo posto e Lui tra i non piazzati:  il Gen. Belledonne, storico organizzatore del concorso mi disse: “abbiamo trovato l’erede dei d’Inzeo”!   Naturalmente il giorno dopo si accorse dell’errore….

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Purtroppo, quando la sensibilità di un cavaliere non è stata sviluppata nel sentire il baricentro del cavallo,  tutta l’equitazione viene stravolta ed il cavallo assume i connotati di una motocicletta. Per comprenderlo meglio basta considerare che, in un cavallo riunito, la spinta dei posteriori rimbalza nella mano del cavaliere e ritorna ai posteriori sotto forma di maggiore flessione delle articolazioni.

Nel momento in cui questo avviene il baricentro andrà indietro ed il cavaliere sarà tentato di abbandonarsi all’indietro utilizzando la sella come una poltrona;   ma poco dopo, come effetto della fatica, il cavallo cercherà di riportare in avanti il suo baricentro.   Se il cavaliere restasse indietro,  ostacolerebbe, con le mani e con l’assetto,  la possibilità da parte del cavallo di tornare a flettere le articolazioni posteriori.

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Per concludere,  per montare a cavallo bene e, soprattutto, nel rispetto della fisiologia dell’animale (senza mettere i muscoli sotto sforzo),  non vi è alternativa ad un assetto (“L’assetto in sella”) funzionalmente corretto il cui presupposto è il giusto uso della staffa che consente al cavaliere di tendere ad inforcarsi (Ubertalli).

Carlo Cadorna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

12 Responses to “CHIARIMENTI SULLA DIDATTICA EQUESTRE”

  1. adolfo sandri poli #

    Avevo un libro, mi sembra del Gen. Lequio, che era intitolato “l’uso della staffa” a conferma di quanto lei autorevolmente dice.
    Adolfo Sandri Poli

    15 Giugno 2013 at 21:33 Rispondi
    • lastriglia #

      Grazie! E’ così, non solo perché è scritto su quasi tutti i testi caprilliani, non solo perché me l’hanno insegnato mio Padre e tutti i Suoi amici (che erano i maggiori istruttori e cavalieri dell’anteguerra), ma soprattutto perché è logico: è l’unico mezzo che ha il cavaliere per tendere sempre ad inforcarsi e così inserirsi ed unirsi al movimento del cavallo. Alcuni lo negano perché, a cavallo, non sono mai stati capaci di esercitare correttamente quella funzione: infatti, essa richiede oltre ad una giusta impostazione, una grande autodisciplina ed un controllo continuo da parte dell’istruttore. Se la funzione(il giusto uso della staffa) non è esercitata correttamente, il cavallo tende a perdere impulso e, di conseguenza, il cavaliere a metterci la forza: non è più equitazione naturale ma può funzionare con i cavalli di poco sangue. Quelli di sangue, che sono i migliori, si ribellano sempre all’uso della forza perché hanno una DIGNITA’. Ho il privilegio di montare proprio un cavallo con queste caratteristiche!

      16 Giugno 2013 at 06:21 Rispondi
  2. Come sempre un’articolo scritto col cuore e con grandi competenze tecniche, ma in grado di spiegare l’Equitazione anche a chi di questo Stile di Vita, nulla conosce.

    12 Giugno 2016 at 21:38 Rispondi
    • lastriglia #

      Il Suo apprezzamento mi è particolarmente gradito perché ho dedicato quasi tutta la vita a leggere, ascoltare, osservare, provare tutto quello che la Scuola di Pinerolo ha prodotto: oggi scrivo la sintesi di quello che ho compreso, riferito unicamente ad un’interpretazione del Caprillismo sicuramente valida nello sport agonistico attuale.

      13 Giugno 2016 at 13:44 Rispondi
  3. timoteo #

    Alcuni pinerolesi “moderni “di tanto in tanto mi contestano il fatto che la monta italiana inevitabilmente aumenta il peso sugli anteriori già gravati maggiormente dal cavaliere, mentre secondo loro il fine dell’equitazione deve essere quello di riequlibrare il cavallo sui posteriori. Dovrei organizzare una risposta che risolva oltre che dal punto di vista meccanico , anche storicamente la questione, se di questione si tratta ..
    Grazie.

    16 Giugno 2016 at 19:48 Rispondi
    • lastriglia #

      C’è uno degli scritti numerati di Caprilli che contesta, giustamente, questa affermazione. Guardi con quale equilibrio salta il cavallo di Rich Fellers che non è certo un esempio di lavoro in piano caprilliano (si può fare di meglio). Guardi anche sul circuito americano l’irlandese Connor Swaile. L’addestramento caprilliano avvicina il baricentro del cavaliere a quello del cavallo che, quindi, può spostare indietro i due baricentri perché la libertà di schiena e d’incollatura facilita la flessione delle articolazioni coxo-femorale e lombo-sacrale. Invece l’assetto tedesco (Ahlmann, Ehning, Beerbaum, Kutscher) impedisce la flessione delle suddette articolazioni che, d’altro canto, la scuola tedesca non prevede (perché considera l’anca solidale con il garretto). Inoltre, il peso sugli anteriori provoca le lesioni tendinee( mi creda: sono un esperto in materia!). Le maggiori lesioni tendinee avvengono nel mondo del Dressage! Ho personalmente riparato una quantità di cavalli con i tendini partiti impiegandoli poi in corsa, in completo e nel salto ostacoli.

      17 Giugno 2016 at 19:58 Rispondi
  4. timoteo #

    Grazie per la risposta, mi rimane da chiarire l’altro punto fondamentale dell’assetto e cioè la posizione del piede sulla panca della staffa dove in un articolo Lei ha scritto che in un cavallo addestrato deve essere completamente inserita , come del resto ben si vede dalle foto dei nostri grandi cavalieri ; però cosi la rotazione della caviglia fa scendere di meno il ginocchio e l’effetto ammortizzante è minore . Forse che a metà del piede sia un valido compromesso ?, grazie.

    27 Giugno 2016 at 08:19 Rispondi
    • lastriglia #

      Legga bene: ho scritto (come dice Caprilli) fino all’incavo e non fino al tacco. D’altro canto guardi la foto di P. d’Inzeo sul grigio (Dawns) che è esemplare. Ma per l’uso normale il piede può poggiare con la parte più larga. Senza appoggio del piede non vi è assetto. Pensi ad uno sciatore! M. Robert dice che il piede deve andare sotto il bacino: ma invece è il bacino che deve andare sopra il piede che quindi deve essere ben appoggiato.

      27 Giugno 2016 at 19:59 Rispondi
  5. timoteo #

    Chiarissimo , grazie.

    27 Giugno 2016 at 22:06 Rispondi
  6. timoteo #

    Buongiorno, uso una sella francese quasi nuova con i cuscini larghi piatti ,e sottili ,e considerando anche il garrese rilevato del cavallo , vedo che la sella si posiziona come messa in salita verso il garrese e ho il dubbio che ciò condizioni negativamente il mio assetto , anche se anni fa lessi sul Paalmann che secondo l’autore le selle francesi erano le migliori ., per vari motivi. Ma in che modo una tipologia di sella influisce sull’ l’assetto , al di la della specifica ditta produttrice , o meglio esistono anche per le selle da salto delle scuole di progetto ? , e quindi se fosse cosi qual è quella che attualmente più si adatta al sistema naturale di equitazione ? .
    Grazie

    10 Luglio 2016 at 09:50 Rispondi
    • lastriglia #

      A prescindere dal tipo di equitazione praticata non si può montare correttamente con una sella che non sia equilibrata sul cavallo: significa che, messa in posizione (10 cm. più indietro del garrese) deve avere il punto più basso al centro. La Sua, se ho ben compreso, ha il punto più basso sulla paletta. Con una sella del genere è impossibile montare bene a cavallo che avrà sempre le reni dolenti! Io uso una Wintec Pro Jump che è perfetta per la monta italiana.

      10 Luglio 2016 at 11:56 Rispondi
  7. timoteo #

    Grazie, anche in merito al posizionamento della sella rispetto al garrese.

    12 Luglio 2016 at 15:10 Rispondi

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