Non tutti coloro che montano a cavallo si rendono conto di quale meraviglia della natura è il nostro amico, nè quali responsabilità si assumono nel momento stesso nel quale decidono, per qualsiasi ragione, di mettersi in sella.
Quando avevo 15 anni ho frequentato, in Inghilterra, l’Outward Bound School (sono il terz’ultimo a sx): una specie di corso di sopravvivenza per aspiranti ufficiali di Marina nel corso del quale venivano sviluppate al massimo le possibilità fisiche umane. Pur avvantaggiandomi di un alto livello di preparazione sportiva, dopo la prima settimana ero talmente provato che ho passato a dormire il primo pomeriggio libero che ci venne concesso; ma dopo un mese, quale meraviglioso risultato: non ero mai stanco e le salite mi parevano uguali alle discese.
Lo stesso risultato si ottiene con il cavallo se viene sottoposto ad un addestramento razionale del quale l’allenamento è una componente essenziale (“Preparazione alle gare”): perchè consente di perpetuare nel tempo il lavoro senza sforzo e senza arrivare mai alla fatica che danneggia i muscoli e, sopratutto, l’attitudine psicologica positiva e collaboratrice del nostro compagno.
Anche un cavallo poco collaborativo, cambia attitudine fisica e psicologica se viene addestrato ed allenato bene.
Quindi, mi sembra un pò superficiale affermare che il cavallo, in natura, è perfetto e sono soltanto il peso e l’ingombro dell’uomo che limitano le sue possibilità: in realtà, il cavallo come animale originario era semplicemente un erbivoro da fuga e sono stati la selezione e l’addestramento a trasformarlo in un atleta.
Oggi assistiamo sempre più alla nascita di cavalli che, pur privi di un vero addestramento, riescono con l’abitudine a saltare anche percorsi di tutto rilievo. Di qui la ricerca, nell’ambiente equestre, di cavalli sempre più qualitativi e sempre più facili. Dove per facile s’intende un cavallo che può essere impiegato senza un particolare addestramento perchè le sue leve s’impiegano naturalmente assicurando l’equilibrio e perché ha una naturale spiccata predisposizione a saltare.
Questa situazione di fatto che tende a marginalizzare la vera equitazione ha gravi conseguenze sul piano pratico perchè, unitamente alla conoscenza dei cavalieri viene limitato moltissimo lo sviluppo atletico dei cavalli.
Agli osservatori più attenti non sarà sfuggito il grande cambiamento fisico del cavallo Simon prima montato dal cavaliere olandese Dubbeldam (foto di presentazione) e poi dall’amazzone americana Madden: il cavallo ora salta arrotondandosi e centrando la parabola sul salto ma, sopratutto, i suoi muscoli posteriori si sono sgonfiati perchè non lavorano più sotto sforzo (con tutto il rispetto per Dubbeldam che è un grande cavaliere ma non pratica l’equitazione naturale). Questo ha permesso all’amazzone di vincere la coppa del mondo perchè, al terzo percorso, il cavallo era fresco come al primo.
Questo aspetto della fisiologia, così conosciuto nell’atletica umana (“Lo sviluppo della funzione di flesso-estensione”), è generalmente ignorato in quella equestre (soprattutto nel dressage) dove si ritiene ancora che più un muscolo si gonfia e meglio lavora. Questo è vero per un sollevatore di pesi, ma non certo per un saltatore! Il più grande esperto di scienze motorie mi ha raccontato che nel calcio molti giocatori si rompono perché i loro muscoli lavorano sotto sforzo: è sufficiente osservare quanti giocatori hanno i muscoli delle gambe gonfi! Questo avviene perché gli allenatori sono degli esperti di calcio ma non dei veri preparatori atletici.
D’altro canto, osservate le mani di un buon pianista quando suona: non denotano il minimo sforzo (il bel suono viene dalla decontrazione totale). Eppure hanno una muscolatura spaventosa che deve essere continuamente esercitata.
Ma i vantaggi di un addestramento razionale non si limitano all’attività sportiva: il cavallo ben addestrato ritrova la coscienza della propria massa e riesce a muoversi con sicurezza anche negli ambienti ristretti nei quali lo costringiamo. Di conseguenza acquista fiducia in se stesso ed in chi l’addestra dimostrando una grande tranquillità che va a beneficio della condizione psichica e dell’equilibrio fisico: in ultima analisi del suo benessere.
Vi sembra normale che tanti cavalli famosi nell’attività agonistica muoiano di colica? A me, in 50 anni di attività, non ne è mai capitata una. Evidentemente capitano ai cavalli che vengono brutalizzati da un addestramento contrario alle loro attitudini che influisce negativamente sull’equilibrio psico-fisico e sul ricambio che, a sua volta, influisce sulla capacità di assimilazione del cibo.
Inoltre, l’addestramento corretto costruisce la muscolatura del cavallo, soprattutto sulla linea dorsale: l’incollatura si svilupperà in estensione, ugualmente dai due lati, attraverso i muscoli lunghi. Il muscolo lungo-dorsale sarà evidente ai lati del garrese e della colonna vertebrale. I posteriori saranno ben torniti con una muscolatura consistente che li aiuterà ad inserirsi nella massa del cavallo in movimento: in una parola, “ben discesi” come affermava il grande sperimentatore Federico Tesio(“Il purosangue animale da esperimento”).
Per concludere l’addestramento corretto rende il cavaliere l’architetto del proprio cavallo: non vi può essere soddisfazione più grande per una persona che ami i cavalli.
Carlo Cadorna
Leggendo costantemente questo sito, le nozioni di allenamento e di buona equitazione diventano naturali anche per chi viene da esperienze diverse, come dire, compulsate. Eppure, una qualità’ insuperabile per il cavaliere per me rimane l’umilta’. Solo attraverso la costante ricerca di conoscenza , con un animus umile e ben disposto, si possono comprendere le più logiche questioni. Anche il cavallo può’ diventare in un certo senso, umile. Ossia, può imparare ad apprendere senza interporre la sua grande forza fisica; ma anche in questa occasione sarà’ necessario predisporre il cavaliere ad un colloquio costante con il proprio cavallo.
Cordialmente,
Filippo Gargallo
A mio parere, è necessaria una ricerca continua in un campo che però deve gradualmente restringersi: altrimenti non si arriva mai a delle conclusioni che, comunque, devono sempre fare il conto con la personalità di ogni singolo cavallo. Per la mia esperienza, il modo più semplice per restringere il campo è quello di avvalersi delle conoscenze ed esperienze altrui, curando nel contempo il proprio assetto, nonchè di lavorare tanto perchè soltanto con il funzionamento perfetto della muscolatura si otterrà la completa collaborazione del cavallo.
Si, è quello che intendevo io. Possono sembrare concetti semplici eppure per applicarli serve tanta volontà (mi ripeto, tanta umiltà)e una costanza certosina.
complimenti, al solito.
Filippo Gargallo
Quello di cui Ti prego vivamente di credermi è che senza un assetto realmente inserito, non si arriva mai a nulla. Io ho avuto la fortuna di avere un istruttore che me l’ha imposto “altrimenti te ne vai!”. Ma oggi questi istruttori non esistono più….