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L’EQUITAZIONE DEI NOSTRI CAMPIONI

                                           

 

 

 

 

                                              Rispondendo all’invito di molti appassionati, chiarisco oggi  il mio pensiero sui fratelli d’Inzeo e sulla loro equitazione.  

Pochi lettori sanno che quando sono stato assegnato alla Scuola Militare di Equitazione nel settembre 1969, sezione completo, i cavalieri erano in preparazione per i campionati che si svolgevano ai Pratoni.  Non vi erano più cavalli disponibili salvo uno che nessuno voleva montare: si trattava di Ruteur, purosangue francese che era stato di proprietà di Piero d’Inzeo che lo aveva preparato da zero fino alle categorie 135. 

Il motivo della difficoltà originava dal fatto che il cavallo era molto in avanti ma con pochissima flessibilità: ne derivava la circostanza che quando partiva al galoppo tendeva a pesare sempre di più sulla mano fino a diventare incontrollabile. Inoltre aveva imparato delle difese che lo rendevano alquanto pericoloso: in maneggio coperto stringeva la gamba esterna del cavaliere contro la cavallerizza; all’esterno, portava il cavaliere sull’orlo del burrone e si opponeva a qualsiasi azione delle gambe minacciando di buttarsi giù…

Ma io, pur essendo agli inizi, avevo montato molto in corsa e fatto esperienza sul cavallo Taranto del mio istruttore Paglieri che era ben più difficile.  Egli, unitamente alla meccanica del cavallo,  mi aveva insegnato che quando un cavallo tira bisogna fare opposizione con la mano: non appena cede lo deve fare anche la mano.  Certamente, se la mano non si alleggerisce prontamente, il cavallo non cederà più all’opposizione della stessa e diventerà ingovernabile.

Quindi il campionato fu un buon successo perché questo cavallo aveva “lasciato appesi agli alberi” cavalieri ben più titolati di me.  Ricordo che verso la fine del cross-country, poiché pioveva a dirotto e mi scivolavano le redini dovetti metterlo in circolo per fermarlo non volendo finire “stampato”  sui due gradoni (esistono ancora!) che si saltano in successione per salire sulla collina dello scivolo, che si saltava a scendere.

Nella prova di salto, il Col. Paglieri che comandava la scuola, pregò Paolo Angioni di aiutarmi. E fu un grande aiuto perché entrai in campo con il cavallo completamente decontratto e potemmo così completare un percorso perfetto. 

 

 

 

 

 

Ho fatto questa lunga premessa per spiegare che conosco molto bene l’equitazione di Piero; successivamente ho avuto in assegnazione molti cavalli che erano stati lavorati da Lui e nel ’71 al Grand Parquet di Fontainebleau il campione olimpico Lefrant mi fece il più bel complimento dicendomi che montavo come Piero d’Inzeo. 

Entrambi i fratelli sono stati sempre il mio punto di riferimento perché erano i migliori e lo sarebbero tuttora:  di conseguenza li ho sempre osservati nell’intento di comprendere i segreti della loro arte. In questo sono stato aiutato da due istruttori che ben li conoscevano: Paolo Angioni e Lucio Manzin. 

I due fratelli avevano la stessa cultura e lo stesso talento: ma mentre Piero aveva poca pazienza e compensava con l’attitudine fisica, Raimondo si dedicava all’addestramento che è fatto soprattutto di reciproca comprensione tra cavallo e cavaliere. 

 

 

 

 

 

 

 

Sono quindi diventati entrambi grandi Maestri:  Raimondo nell’equitazione di base, Piero in quella superiore.

Per i lettori meno esperti chiarisco che l’equitazione di base serve a portare il cavallo in equilibrio orizzontale (“La costruzione fisica del cavallo”),  quella superiore alla riunione(“La riunione”-“L’equitazione naturale e la riunione”) (equilibrio in salita). 

Con un cavaliere normale, l’equitazione di base è sufficiente per competere fino al medio livello;  quella superiore è necessaria per arrivare al primo livello. 

 

 

 

 

 

Di qui le difficoltà per i relativi allievi: quelli di Raimondo non ne avevano il talento (che non si può copiare) e quindi non sono mai andati oltre un certo livello. 

 

 

 

 

 

 

Quelli di Piero (che compensava-in parte- alla carenza di lavoro di base con il lavoro alla corda) sono sempre rimasti Piero-dipendenti nel lavoro dei cavalli. L’unico che ha mostrato una maturità autonoma è stato Galeazzi perché ha un talento fuori del comune (gli Angioni sono stati allievi anche di altri istruttori).

Purtroppo nel tempo si è diffusa l’opinione che le loro fossero due equitazioni diverse mentre invece sono l’una il completamento dell’altra:  soltanto avendo percorso scrupolosamente la strada di Raimondo si può accedere all’equitazione di Piero che è il presupposto perché dei cavalieri “normali” possano gareggiare con successo al primo livello.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella nella quale il cavaliere non deve fare niente fuorchè tenere diritto il cavallo e convogliarne l’impulso sulla traiettoria del percorso.

                                                                                                     Carlo Cadorna

P.S.  Deve tuttavia essere chiaro a tutti i lettori, che i due fratelli hanno rappresentato la massima espressione agonistica dell’equitazione naturale, non certamente quella didattica.   Infatti il Padre, che è stato il loro istruttore, non ha mai esercitato questa funzione alla Scuola di Pinerolo.  Anzi, alcuni Suoi metodi non sarebbero stati ammessi.

7 Responses to “L’EQUITAZIONE DEI NOSTRI CAMPIONI”

  1. giuseppe maria de nardis #

    Da “Gente di Cavalli” ad “Equitazione Superiore” in poche, semplici e chiare battute.
    Quando si dice che l’Italia ha risorse, ma che spesso non le sa mettere a frutto (vero FISE?), ecco, questo blog ne dà la prova.
    giuseppe maria de nardis

    1 Giugno 2014 at 13:03 Rispondi
    • lastriglia #

      Ha citato i due migliori libri sull’equitazione naturale scritti da quel grande cavaliere ed istruttore che è stato il Col. Cossilla (ed. Mediterranee). Ne consiglio la lettura a tutti gli appassionati.

      1 Giugno 2014 at 13:38 Rispondi
  2. timoteo #

    Già letti , tempo fa , quindi è ora di rileggerli nuovamente con più attenzione.
    E’ possibile un ingrandimento della foto in cui Piero D’Inzeo lavora alla corda il grigio (piero6)?, grazie.
    Timoteo.

    2 Giugno 2014 at 17:41 Rispondi
  3. Ancora oggi “Gente di Cavalli” rappresenta il testo guida degli allievi che si avvicinano all’equitazione presso il centro in cui opero.
    Purtroppo non è più reperibile in commercio, ho cercato invano di trovare un’alternativa, senza successo.
    Entrambi i testi sono la tangibile espressione che la Cultura, se ben sedimentata e profonda, può essere trasferita con assoluta semplicità.
    Grazie Col. Nomis di Cossilla per la preziosa eredità lasciataci,
    Tiziano Bedostri

    2 Giugno 2014 at 19:18 Rispondi
    • lastriglia #

      C’è una signora a Grottaferrata(Roma) che vende libri di equitazione non più in commercio.

      2 Giugno 2014 at 19:45 Rispondi
  4. timoteo #

    Sono reduce da una litigata con il mio istruttore (2 grado fise) ,il quale ad una mia gentile richiesta di potermi costruire un tondino con balle di paglia in un angolino del suo circolo ippico ,mi ha appena risposto che il tondino non serve a .. ….. e che forse la mia richiesta inesaudibile era un pretesto ..per cambiare maneggio.. .Amen .

    3 Giugno 2014 at 22:57 Rispondi
    • lastriglia #

      Poiché chi paga dovrebbe avere sempre ragione (è uno dei principi del marketing), Le consiglio di cambiare maneggio! Nel Centro dove tengo il mio cavallo, il gestore ha modificato il tondino secondo le mie indicazioni.

      4 Giugno 2014 at 04:56 Rispondi

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