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LA FERRATURA

 

                                                                      Un famoso detto inglese dice “no foot, no horse” (=senza piedi non c’è cavallo).  Non c’è niente di più vero!

Negli anni ’70 montavo un cavallo italiano, di modesta qualità, al quale avevo dedicato un particolare impegno per svilupparne la sottomissione e la condizione, tanto che era diventato competitivo in completo.  Una mattina, trovandomi al CEF per un periodo di lavoro, uscivo dalla mascalcia ed incrociai il Col. Bruni, famoso cavaliere ed istruttore dell’anteguerra, che entrava in quel momento dal cancello d’ingresso principale (almeno 100 metri di distanza).  Col Suo vocione da caserma mi disse :”cambia maniscalco!”.  Io non gli diedi troppo peso e me ne pentii amaramente perché di lì a poco il cavallo cominciò a risparmiare l’anteriore destro per l’instaurarsi di una formella in corona dovuta ad un appiombo fuori asse longitudinale non corretto. 

L’esperienza insegna che, quando ha un difetto di appiombo, il cavallo Ti pianta sempre quando entra in condizione: qualunque buon allenatore di cavalli da corsa Ve lo potrà confermare.  Quindi dedicare il proprio impegno al lavoro di un cavallo trascurandone la qualità della ferratura è molto stupido. 

Come in tutte le altre attività di gestione del cavallo, è importante rifarsi sempre alla natura. Il piede del cavallo è stato concepito per un animale che pascola per almeno 15 ore al dì: la forma a ventosa permette, mediante il suo continuo allargarsi e stringersi, di irrorare continuamente di sangue il ricchissimo apparato venoso interno.  Quindi, la prima considerazione è che il cavallo deve camminare tanto, meglio su di un terreno consistente, per assicurare la corretta circolazione nel piede: se questa è insufficiente il primo a risentirne è l’osso navicolare. 

Fisicamente il movimento di ammortizzazione è assicurato dalla forchetta, entità elastica al centro del piede a forma di V, che premendo per terra si allarga determinando una pressione verso l’esterno sulle barre, che sono la continuazione interna al piede della parete: le barre si allargano determinando l’allargamento della parete soprattutto in corrispondenza dei talloni e dei quarti.  Quando cessa la pressione sulla forchetta, il piede riprende la sua forma originaria. 

Da quanto precede risulta evidente che il funzionamento corretto del piede è possibile a condizione che la forchetta esista e possa toccare terra, che esistano le barre, che la pressione sia distribuita ugualmente su tutto il piede e che la parete dello zoccolo sia obliqua: se il maniscalco taglia la forchetta o le barre, al piede mancherà la circolazione del sangue e quindi tenderà ad atrofizzarsi assumendo una forma chiusa(incastellato) con le pareti diritte che, a loro volta, contribuiranno a determinare una circolazione peggiore.  Questo avviene perché il piede del cavallo tende a difendere e proteggere il delicato e sensibile osso navicolare se non gode di un’irrorazione di sangue sufficiente.  Lo stesso avverrà se il pareggio, da parte del maniscalco, è insufficiente (in natura l’unghia è consumata!) 

Affinchè la pressione possa distribuirsi ugualmente su tutto il piede è necessario che questo sia in appiombo perfetto: appiombo longitudinale se l’asse mediano dell’arto attraversa il centro del piede. Appiombo trasversale se la proiezione del pastorale arriva al centro del piede e la proiezione dell’arto sfiora i glomi.  Lo scopo della ferratura è appunto quello di mettere e mantenere il piede del cavallo in appiombo. 

Molti maniscalchi non lo fanno sostenendo che deve essere fatto in modo graduale: ma siccome dove c’è un eccesso di pressione l’unghia non cresce,  il piede non si metterà mai in appiombo.  Io credo invece, anche per esperienza personale, che sia il lavoro a dover essere graduale;  soprattutto se si è dovuto modificare l’appiombo in modo rilevante.  Almeno dieci giorni di solo passo che possono anche diventare mesi in casi estremi.

 

Se un cavallo è privo di talloni e non può essere portato in equilibrio pareggiando la punta, non c’è che mettergli un ferro che lo metta in appiombo con una traversa che tolga la pressione dai talloni (anche con le biette) e la porti sulla forchetta. Il cavallo, ovviamente, dovrà solo passeggiare fino a che i talloni non siano ricresciuti.  Le solette, anzichè diminuire la pressione sui talloni, la aumentano e, quindi, non sono una soluzione.   

Praticamente, il maniscalco deve pareggiare il piede, soprattutto dove la parete è più obliqua,  fino a portarlo in perfetto appiombo e pulirlo all’interno sino a renderlo concavo.    Poi deve preparare un ferro che si adatti perfettamente al piede: significa che lo deve guarnire perfettamente lasciando però dello spazio in corrispondenza dei talloni che si devono poter allargare trovando appoggio.  

 

 

 

 

 

 

Inoltre, il ferro deve combaciare perfettamente con il piede: questa operazione, molto importante per evitare sovrapressioni, può essere fatta a caldo o a freddo. A caldo bisogna ottenere che tutto il contorno del piede risulti bruciato;  a freddo ci vuole un po’ di pazienza e pareggiare i punti di contatto.   

 

Il ferro deve essere abbastanza lungo da aiutare l’appoggio del cavallo: fino all’altezza dei glomi gli anteriori, oltre i posteriori. La scelta del ferro deve tener conto delle esigenze del piede: i ferri antichi si caratterizzavano per una grande copertura in punta: era giustissimo perché molti cavalli hanno la suola sensibile (“Ferrature difficili” 07/2011- “Pratica del cavallo”) e bisogna ridurre la pressione unitaria. Per i piedi incastellati sono ottimi i ferri a piano inclinato verso l’esterno.   

Bisogna comunque preferire i ferri pesanti con una binda larga perché diminuendo la pressione ammortizzano maggiormente e mettono i chiodi nella giusta posizione per non spaccare le unghie.  Bisognerebbe utilizzare sempre ferri di materiale ferroso:  infatti uno studio fatto dal maniscalco di S. Siro su un campione di quattromila cavalli nel ’93 dimostra che i cavalli ferrati con materiali di scarsa conducibilità elettrica (alluminio e leghe) sono molto più soggetti a lesioni agli arti.  

ramponi magnetici

 

 

 

 

I ferri possono essere forniti di buchi per avvitare i ramponi:  oggi sono stati inventati anche dei ramponi a fissaggio magnetico.  I ramponi servono soprattutto sul terreno duro per evitare che il cavallo scivoli. Sugli altri tipi di terreni la loro utilità è spesso sopravvalutata.  Bisogna ricordare che i ramponi provocano delle tensioni sul piede che possono danneggiare le articolazioni. 

I chiodi sono un male necessario perché limitano l’allargamento del piede:  bisogna quindi mettere soltanto la quantità necessaria (6-7) in punta e mammella, evitando i quarti.  Per la stessa ragione i ferri anteriori con due barbette sono un controsenso!

  La qualità di una ferratura si vede dalla sua durata (40 giorni) perché, se la pressione è ben distribuita, il piede cresce poco ed in modo uniforme, mantenendo l’appiombo corretto.

                                                                                                           Carlo Cadorna                                              

 

One Response to “LA FERRATURA”

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