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LA RIVINCITA TEDESCA

                                    

Si fa per dire…. perché sia la monta che l’addestramento del cavallo (Taloubet) che ha permesso a C. Ahlmann di vincere il G.P. di Lipsia di tedesco, inteso in senso tradizionale, non ha più niente.  Il cavallo era in avanti e sempre ben distaccato dalla mano: il suo cavaliere non ha dovuto fare altro che lasciarlo scorrere.    Evidentemente la debacle di Stoccarda gli ha fatto bene e l’ha costretto a riflettere;  a conferma dell’enorme talento di questo cavaliere.

Era presente anche il nostro Luca Moneta che ha colto un secondo posto nella 150 del sabato;  ma nel G.P. ha presentato un Neptune con la schiena bassa ed i posteriori lontani.  Ci vorrebbe qualche iniezione,  non di Germania, ma di Ahlmann!            Però è anche vero che Ahlmann, un cavallo come Neptune, non lo monterebbe mai:  lo scorso mese il suo allevatore ha dichiarato di essere stato felice di liberarsene.

Sabato la nostra Valentina Truppa ha conquistato un meritatissimo quarto posto ad Amsterdam:  il suo Eremo è apparso molto migliorato.  Inizia ad essere più espressivo e mostra una buona iniziativa soprattutto nel passo e nel galoppo allungati.

Valentina l’ha montato con grande finezza,  cosa non facile con un cavallo che deve ancora rilevarsi un po’ davanti e quindi tende ad essere ancora un poco forte in mano.

E poiché la concorrenza produce progresso, altrettanto migliorata è apparsa la vincitrice Helen Langehanenberg su Damon Hill in una ripresa caratterizzata da un grande impulso.

 

                                                                                Carlo Cadorna

 

6 Responses to “LA RIVINCITA TEDESCA”

  1. Alberto Alciator #

    Seguo sempre con interesse i suoi post che mi permettono in qualche modo un dialogo altrimenti praticamente ormai impossibile con la maggior parte dei cavalieri e istrutori.

    Mi pare che in Germania l’esempio di Beerbaum, che nel tempo ha affinato molto la sua monta, sia stato da esempio e da stimolo per gli altri cavalieri tedeschi she sicuramente vedono in lui un punto di riferimento.

    Qualche anno fà mi sono preso il tempo di guardare tutti i percorsi della tappa di coppa del modo di Verona e ne ho trovati due di Beerbaum che ho giudicato come meritevoli di essere portati da esempio quando devo parlare a qualcuno di salto ostacoli e voglio mostrare qualcosa di diverso dai video della scuola Italiana.

    In particolare ho apprezzato molto la lunghezza delle redini, decisamente superiore allo standard di oggi, che denota l’assoluta leggerezza degli aiuti e il fatto che dopo la ricezione dal salto il cavallo viene sempre invitato a riequilibrarsi mandandalo in avanti.

    Questo è uno dei percorsi: http://www.youtube.com/watch?v=Rd96qHluQ9A

    Mi farebbe piacere sapere il suo parere.

    Grazie

    Alberto Alciator

    22 Gennaio 2013 at 23:07 Rispondi
    • lastriglia #

      Grazie per la considerazione che è reciproca! Bisogna prima di tutto precisare che la lunghezza delle redini(quando impugnate nel punto giusto) dipende dalla tensione dorsale e dall’equilibrio del cavallo che, a sua volta, è determinato dalla flessione delle articolazioni posteriori. Beerbaum è un grande agonista: oggi al suo livello vedo soltanto Michel Whithaker, Staut e Ahlmann. Ma come cavaliere, termine che distingue chi pratica l’equitazione, ha dei gravi difetti di assetto che, nel corso della sua lunga evoluzione, non è riuscito a comprendere e correggere. I suoi cavalli non usano veramente la schiena ed i garretti partecipano largamente alla flessione posteriore. Nel filmato si può osservare la coda(e quindi la schiena) sempre contratta e, di conseguenza, il cavallo che non rientra davanti ai salti. Beerbaum ha l’abilità di arrivare sempre giusto chiudendo o aprendo le traiettorie. Osservi inoltre i suoi cavalli al passo che è l’andatura della verità: sembrano dei paralitici! Quello che è incredibile nel nostro sport è che un uomo così importante nel mondo equestre non abbia compreso che dovrebbe semplicemente affidarsi ad un buon istruttore: senza di esso un cavaliere(qualsiasi cavaliere) non cambierà mai il proprio assetto. Io l’ho cambiato(portavo le spalle sempre chiuse) perchè ero militare e l’istruttore mi ha detto testualmente”o stai diritto o te ne vai”. Conservo per Lui un’infinita gratitudine!

      23 Gennaio 2013 at 06:33 Rispondi
  2. Alberto Alciator #

    Essendo figlio di un Col. di cavalleria, a suo tempo compagno di corso del Col. Cossilla, mi rendo perfettamente conto di cosa significhi avere un istruttore che ti “obbliga” ad agire in modo corretto. D’altre parte, soprattutto nel caso di difetti consolidati da tempo, è ovvio, come giustamente lei ha sottolineato, che solo un bravo istruttore può essere d’aiuto.

    Negli altri sport tutti gli atleti migliori sono costantemente seguiti da uno o più tecnici che passano ore e ore a guardare video al rallentatore per analizzare ogni minimo dettaglio tecnico che possa portare ad un miglioramento. Proprio non si capisce come mai questo in equitazione non avvenga o comunque avvenga in misura molto minore.

    Se non la disturbo troppo posso chiederle di darmi un giudizio su come sto conducendo il lavoro alla corda di questo cavallo:

    http://www.youtube.com/watch?v=671Tsvs4o8A

    Grazie

    Alberto Alciator

    29 Gennaio 2013 at 19:08 Rispondi
    • lastriglia #

      Ha detto bene: c’è un pressapochismo ed una superficialità incredibili. Rilegga l’articolo sulla flesso-estensione…. Nel lavoro alla corda il cavallo dovrebbe lavorare come nel lavoro montato: variazioni di andatura e velocità in continuazione. Per effetto dell’azione della frusta, il cavallo deve venire nella mano che tiene la longia e poi distaccarsi: questa è la sequenza che va ripetuta, cambiando spesso di mano fino a che l’avanzamento è uguale dalle due parti. Il cavallo del filmato si impegna poco perchè gira sempre nello stesso modo: non riesco a vedere se porta lo chambon che è utile soltanto al passo allungato perchè quando il cavallo cede viene meno la tensione dorsale. L’unico metodo che funziona è quello che usavano a Pinerolo e che può osservare nell’articolo “Il circolo”. Perchè funziona esattamente come nel lavoro montato: quando il cavallo cede, permette l’estensione dorsale mantenendo la tensione muscolare. Quando il cavallo raggiunge la riunione, sostiene l’incollatura e si concentra sulla tensione.

      29 Gennaio 2013 at 20:43 Rispondi
  3. Filippo Gargallo #

    Per comprendere la questione della lunghezza delle redini, basterebbe guardare un lavoro montato del Col. Cadorna! Ma non è facile: per me è difficile e per i miei allievi appare addirittura impossibile.
    Filippo Gargallo

    1 Febbraio 2013 at 17:51 Rispondi
    • lastriglia #

      Mi fai arrossire! La libertà d’incollatura facilita il cavallo a trovare il giusto equilibrio. Quindi la giusta lunghezza è la massima consentita da due esigenze: il controllo del cavallo e la necessità di tenere le mani davanti alle spalle. Però, indubbiamente, quello che a me ora sembra facile un pò di anni fa non lo era, nemmeno per me. Questo avviene perchè con il tempo e l’impegno, migliora il tatto equestre. La Tue difficoltà derivano dal fatto che, probabilmente, non hai insegnato al tuo cavallo la mezza-fermata. Tutto parte da lì… Concentrati su questo problema!
      Se non ci riesci da solo sono a Tua disposizione… Ma, se rispetti la progressione indicata nei primi articoli dedicati all’addestramento, ci riesci!

      2 Febbraio 2013 at 14:17 Rispondi

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