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UNA SCELTA STRATEGICA

                                                  

                            

 

Oggi si discute molto sullo stato e sul futuro dell’equitazione italiana perché il commissariamento della FISE ha portato alla luce la reale e drammatica situazione di una federazione che dal ’96 al 2012 ha fatto solo grandi annunci, per coprire il risultato disastroso di una gestione incapace, presuntuosa ed incompetente.

 

Il successo nello sport dipende dal funzionamento dell’organizzazione di base perché essa costituisce la catena di montaggio degli atleti, e dalle scelte di vertice perché gli atleti hanno bisogno di un modello che ne orienti l’organizzazione e l’attività agonistica (“La situazione dello sport equestre in Italia”). 

L’Italia ha un’organizzazione di base pessima perché disperde le risorse in una miriade di società che, per la maggior parte, non hanno né le competenze né le risorse per essere formative: nessun altro sport ha un’organizzazione così scadente!  Conseguenza di tanti anni di blandizie per averne il voto. 

L’organizzazione di vertice è, se possibile, ancora peggiore perché non è stata fatta alcuna scelta e si brancola nel buio tra un istruttore e l’altro:  quelli che affermano che i cavalieri di oggi monterebbero tutti secondo lo stesso sistema.  E’ un’analisi talmente superficiale che non merita commenti: in realtà vi sono cavalieri che ricercano l’insieme con il cavallo e cavalieri che richiedono dal cavallo la “prestazione”. 

Questo secondo metodo ci ha portati dove siamo:  attualmente abbiamo un solo cavaliere (L. Moneta) che è capace di gestire una scuderia a livello internazionale (“Un cavaliere da seguire”). Ma questo cavaliere ha fatto una scelta di campo quando, in diretta telefonica dagli USA, ha detto che noi siamo fuori strada: quindi è un risultato che si deve soltanto alla Sua intelligenza.

Nel completo coesiste la stessa confusione tecnica: nel corso di un convegno recente(“Viaggio nel futuro dell’addestramento del cavallo”) sono stati riuniti quasi tutti i migliori cavalieri della specialità ed abbiamo potuto verificare che soltanto uno è stato capace di stabilire un assieme con il suo cavallo.

L’Inghilterra, il paese che attualmente è ai vertici mondiali delle specialità olimpiche, ha fatto il contrario. In preparazione per le olimpiadi di Londra (“Grazie Inghilterra”) sono state fatte delle scelte tecniche ben precise: ai capiscuola Whitaker, in qualche modo legati alla vecchia tradizione britannica(soprattutto nel lavoro in piano) è stato preferito il caposcuola Skelton che da qualche anno passa l’inverno negli USA, confrontando la Sua grande sensibilità con quei cavalieri. 

 

 

 

 

 

I  risultati si sono visti alle olimpiadi ma ancor più si vedono adesso: pochi giorni fa ho visto un gran premio a Palm Beach e sono stati due cavalieri inglesi a disputarsi la vittoria galoppando su quei difficili percorsi con grande naturalezza (“Coppa del mondo a Bordeaux”). 

 

 

 

 

 

E, praticamente inglese è il nostro miglior cavaliere da completo (l’amazzone Vittoria Panizzon).

Non resta che sperare che la logica e la coerenza tornino ad albergare anche nei nostri dirigenti equestri.

                                                                                                             Carlo Cadorna

 

 

 

2 Responses to “UNA SCELTA STRATEGICA”

  1. adolfo sandri poli #

    Riporto qui, in aggiunta alle sue giuste considerazioni, un episodio che rivela una concausa della nostra decadenza nello sport equestre. Poco prima delle elezioni, in un importante centro ippico, ci fu uno stage del Cav Gianluca Bormioli diviso in due riprese di un’ora e mezzo ciascuna, dopo 15 minuti o poco più di lavoro al passo sino alla presa di contatto, iniziò il trotto in cui con la competenza e chiarezza che lo contraddisguino, si dedicò all’uso del rapporto fra mano e gamba nel lavoro in piano, essendo questo un’aspetto della tecnica equestre che mi appassiona notai che il tutto fu eseguito fra il quasi totale disinteresse degli istruttori presenti malgrado l’alto livello e la piacevole chiarezza con la quale si svolgeva la lezione, dopo 3 quarti d’ora si passò al galoppo, fase in cui si sarebbe dovuto passare al salto cosa che non fu fatta ritenendo, Bormioli, che gli allievi non fossero adeguatamente preparati. Da notare che erano tutti juniores con il 1mo grado.Questo è successo per ambo le riprese che sommavano 10 cavalieri.
    Capacità economica a parte, come si fà a progredire se tutto è fatto con superficialità cosa che è diffusa in tutti i settori della vita nazionale? La nostra dirigenza è frutto della base che la crea!

    8 Febbraio 2014 at 20:36 Rispondi
    • lastriglia #

      Quello degli istruttori è un problema che comincia quando sono finiti gli istruttori militari qualificati (perché hanno operato anche molti militari con una qualificazione adatta ai soldati ma non certo all’agonismo). Bisognava ricominciare dalla scuola nazionale scegliendo un docente qualificato a Pinerolo. Inoltre, per acquisire l’esperienza e la conoscenza necessaria occorrono anni di affiancamento con un buon istruttore in attività. Invece sono stati conferiti dei titoli pensando più alla quantità che alla qualità con un risultato disastroso. Quando vedo degli allievi bene impostati sono sempre curioso di conoscere l’origine dell’istruttore: invariabilmente è un allievo di uno dei pochissimi buoni istruttori diventati tali più per merito personale che federale (anche se in alcune regioni, dove hanno operato eccellenti istruttori provenienti da Pinerolo – per esempio il Veneto- se ne vedono ancora oggi i risultati). Perché chi è intelligente impara anche dagli errori altrui e sa analizzare correttamente quello che vede. Ma il problema di fondo è culturale: la superficialità di cui giustamente si lamenta deriva dalla convinzione della maggioranza che la pratica preceda il ragionamento. Ho spiegato (“Le responsabilità dei media”) perché non è così: la pratica segue e conferma il ragionamento soprattutto con i cavalli che cercano, in prima istanza, di obbedire al cavaliere -COMPENSANDOSI- . Negli anni ’90 facevo gli esami per l’ottenimento delle patenti agonistiche nel Lazio: gli allievi correttamente impostati erano patrimonio di 2 o 3 istruttori. Oggi sembra che gli istruttori capaci siano l’1% del totale: è il risultato della presunzione e dell’incompetenza di cui parlo nell’articolo. Per rendersene conto legga la parte tecnica del manuale per gli istruttori: chi l’ha scritto non sa nemmeno copiare! E’ stato ricercato un impossibile connubio tra la scuola tedesca e quella italiana.

      9 Febbraio 2014 at 00:04 Rispondi

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