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CAVALLO E CAVALIERE TRA TECNICA, CULTURA E SCIENZA

 

 

 

 

 

 

 

                       Ha avuto luogo oggi a Roma il convegno  “Cavallo e cavaliere tra scienza, cultura e tecnica”  organizzato dalla FISE che ha raccolto un grande successo di adesioni.

Interventi interessanti da parte del Presidente del CONI e del rappresentante del ministero dell’agricoltura.   L’intervento cardine e la parte pratica sono stati condotti dal Prof. Angelo Telatin, professore ordinario presso una nota università USA,  che si è rivelato un grande esperto di scienza della comunicazione con gli animali ed un tecnico equestre di livello medio.  

Ha opportunamente iniziato ricordando la netta separazione tra etologia ed apprendimento dell’addestramento:  infatti il cavallo selvatico in natura si è estinto.  Il cavallo sopravvive soltanto per via del contatto con l’uomo al quale si è sottomesso per il tramite di capezze e morsi: è quindi contradditorio sostenere di voler addestrare i cavalli senza l’uso di questi strumenti che non sono  obbligatoriamente brutali. 

Per inquadrare l’argomento ha affermato che l’addestramento è una questione di comunicazione tra l’uomo ed il cavallo:  affermazione grave (contenuta anche nel libro di Saint Fort Paillard) perché esclude l’educazione che è invece la sostanza dell’addestramento. 

 

 

La conseguenza di questa affermazione restrittiva del rapporto tra cavallo e cavaliere è stato il consiglio di utilizzare le più sofisticate tecniche di comunicazione per “fregare” il cavallo.  Impostazione, a mio avviso, completamente errata perché non si può educare senza un rapporto leale.

Ritengo invece che il cavaliere debba far comprendere al cavallo che la sua volontà è invalicabile e che le indicazioni che riceve dal cavaliere sono sempre volte a fargli ottenere il massimo risultato col minimo sforzo ed, in ultima analisi, per il suo benessere.

Così soltanto si conquisterà la fiducia del cavallo che sarà quindi sempre più disponibile ad assecondare le richieste del cavaliere.  Tra le cose giuste sostenute dal relatore,  il fatto che il vero risultato si ottiene in assenza di aiuti, quello della gamba in particolare. 

Questa affermazione ha provocato grande sconcerto nell’uditorio a dimostrazione della necessità di elevare il livello culturale degli istruttori: peccato che il Prof. Telatin abbia perso l’occasione per affermare che certo il cavallo deve imparare a lavorare in assenza di aiuti artificiali, ma anche che questi devono essere sostituiti dall’unico aiuto veramente naturale e cioè l’azione del peso del corpo.  Si sarebbe potuto spiegare in che cosa consiste questo aiuto fondamentale ad un uditorio certamente poco edotto di questo importante argomento (“L’aiuto del peso del corpo”).   

Nella parte pratica, svoltasi nel maneggio del Reggimento CC a Cavallo, il relatore ha saputo intrattenere l’attenzione dell’uditorio facendo vedere delle tecniche sofisticate di ammaestramento dei cavalli: argomento che, a mio parere, era fuori tema. 

 

Ha poi fatto vedere una ripresa di giovani allievi che hanno montato in modo corretto, malgrado alcune indicazioni errate dell’istruttore (per esempio è stato detto che al trotto il cavallo deve essere “rotondo”:  è invece al galoppo (perché è un’andatura basculata) che deve essere rotondo; al trotto deve essere teso sulle redini).   Ma nessuno degli allievi è stato in grado di mostrare del lavoro in assenza di aiuti artificiali  perchè richiede un assetto più consolidato nelle sue caratteristiche funzionali. 

In conclusione, un convegno positivo perché ha saputo sollecitare l’attenzione dell’uditorio ma anche discutibile perché la situazione tecnica della nostra equitazione (“La situazione dello sport equestre in Italia”) richiede delle certezze e, soprattutto, un po’ di chiarezza.

                                                                                                  Carlo Cadorna

 

3 Responses to “CAVALLO E CAVALIERE TRA TECNICA, CULTURA E SCIENZA”

  1. Filippo Gargallo #

    “Ritengo invece che il cavaliere debba far comprendere al cavallo che la sua volontà è invalicabile e che le indicazioni che riceve dal cavaliere sono sempre volte a fargli ottenere il massimo risultato col minimo sforzo ed, in ultima analisi, per il suo benessere.”

    In ordine a questa affermazione, che condivido in pieno, vorrei aggiungere anche che la “volontà invalicabile del cavaliere” ed il “massimo risultato col minimo sforzo” oltre ad essere delle etologicamente giuste indicazioni per il cavallo – ormai legato all’uomo – sono anche indicazioni sanamente “egoistiche” per il cavaliere: ossia, ad esempio, se in un completo uno utilizza tutte le risorse del cavallo nella prova del secondo giorno di cross country, il terzo giorno vedrà verosimilmente scartato il proprio cavallo alla ispezione veterinaria!
    Filippo Gargallo

    12 Marzo 2014 at 19:19 Rispondi
  2. giuseppe maria de nardis #

    L’equivoco sulla comunicazione è ampiamente diffuso nel mondo attuale, non solo nell’equitazione, si pensi alla politica.
    Saper comunicare è importantissimo, soprattutto se ci si rivolge ad un soggetto come il cavallo, che non parla esattamente la nostra stessa lingua ma è altrettanto senziente.
    Ma non può certo essere meno importante il contenuto e la sua correttezza tecnica, senza le quali un’eccellente forma di comunicazione serve solo ad aggravare i danni di informazioni inadeguate.
    L’azione del peso del corpo era stata poeticamente evocata in questo blog, e lei aveva giustamente detto essere un tocco del Perugino.
    giuseppe maria de nardis

    17 Marzo 2014 at 17:41 Rispondi
    • lastriglia #

      Il confine tra arte e tecnica risiede proprio nella visibilità degli aiuti: quando il cavallo sembra muoversi “da solo” significa che l’acquisizione della giusta tecnica e lo sviluppo delle “sensazioni” (tatto equestre) hanno portato il binomio ad esprimere qualcosa di artistico (“Le sensazioni a cavallo”- “L’azione del peso del corpo”).

      18 Marzo 2014 at 04:55 Rispondi

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