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LA PROGRESSIONE NELL’ADDESTRAMENTO

Negli articoli sull’addestramento(vedi indice) ho spiegato nei dettagli in che cosa consiste e come si ottiene:  vediamo ora di precisarne la progressione.

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In sintesi bisogna sviluppare la forza (attraverso l’uso delle leve) del treno posteriore  e far si che la sua trasmissione, attraverso la muscolatura dorsale arrivi interamente, in leggerezza e con generosità, nella mano del cavaliere.

Poiché i cavalli tendono in natura ad alzare l’incollatura, anziché tenderla in avanti, bisogna prima far loro comprendere l’utilità della nuova postura e poi svilupparla in modo che la spinta si trasmetta lungo la linea dorsale, SEMPRE DALL’INDIETRO IN AVANTI.     Perché se vi è una forza che agisce dall’avanti all’indietro va a schiacciare le articolazioni posteriori che perdono la loro flessibilità e si danneggiano.  E addio locomozione!

Il cavallo comprende attraverso l’uso della mezza-fermata o con l’ausilio didattico delle barriere a terra e della leggera salita (perché inarcando la schiena allunga il braccio di leva e fa meno fatica).

Con un cavallo vergine è facile e bastano due mesi di lavoro nel tondino al passo allungato perché sia pronto al lavoro montato:  questo, infatti, conviene iniziarlo soltanto quando il cavallo, all’azione della frusta e delle gambe, si tende in avanti.

Con un cavallo da riaddestrare bisogna ricominciare da capo ed il lavoro nel tondino avrà una durata molto più lunga: durante questo lavoro bisogna concentrare l’attenzione sullo sviluppo della funzione di flesso-estensione(leggi apposito articolo).  La lunghezza delle redini varia soltanto quando si cambia di mano  e deve restare sempre uguale: all’inizio resteranno penzoloni e soltanto al termine dell’addestramento risulteranno tese.

L’abilità del cavaliere consiste nel far lavorare il cavallo senza comprometterne l’integrità fisica: ho visto nella mia esperienza tantissimi cavalli “rotti” anche da cavalieri “campioni”,  ma certamente non “uomini di cavalli”!  Per ottenere questo bisogna insistere con il passo allungato fino a che il cavallo non è in grado di trottare senza fermare la schiena: lo si può vedere nella transizione dal trotto al passo.  Se i primi tempi di passo sono rigidi significa che il cavallo, trottando, ha fermato la schiena.

 

Mentre il lavoro di flesso-estensione nel tondino non ha limiti di tempo, il lavoro montato, al trotto ed al galoppo, deve essere concentrato ed avere quindi una durata limitata: quando il cavallo comincia a sudare alla grassella conviene fermarsi.

Uno schema di lavoro sufficiente potrebbe essere costituito da 90 min. di passo allungato nel tondino + 40 min. di lavoro in piano ( passo fino a che il cavallo si distacca dalla mano, trotto e galoppo).

 

Posto che il lavoro è utile soltanto se il cavallo è completamente decontratto,   conviene iniziare con quattro barriere a terra distanziate di m. 1,20 da portare gradualmente a 1,50 curando però che il cavallo mantenga sempre la giusta postura in estensione. Questo lavoro può essere alternato con brevi e leggere salite da effettuare al trotto.

Per fare presto,  bisogna evitare che la schiena del cavallo faccia degli sforzi e si contragga finchè la muscolatura lungo-dorsale non è ben sviluppata (quando la striglia scorre sulla colonna).  Quindi, saltare durante il periodo di formazione non ha senso (“L’impegno del posteriore e la riunione”)!

Bisogna aumentare gradualmente le riprese di galoppo (sollevato) convogliando, con il movimento(che non deve mai cessare) e con le azioni (che devono essere brevissime con la mano esterna) delle mani il naso del cavallo verso l’avanti e verso il basso.  Il lavoro al galoppo è fondamentale perché distende i fasci muscolari ed è quindi il presupposto per ottenere la riunione.

Quando la muscolatura è soddisfacente,  si può cominciare a mettere al termine delle barriere (alternate a qualche cavalletto) un verticalino (70 cm.)  a 2,50 m. dall’ultima barriera, poi una barriera a 3,20  ed alla stessa distanza un larghetto della stessa altezza da allargare gradualmente, seguito da un’ultima barriera a 3,50 m.          Questo esercizio contribuisce allo sviluppo della funzione di flesso-estensione ed è utile anche per il cavaliere che dovrà mantenere sempre un leggero contatto con la bocca del cavallo.

 

 

 

 

 

 

 

Il passo successivo sono una serie di dentro-fuori a distanze crescenti da m. 3 a m. 4.   In linea di principio,  il salto vero e proprio non è molto utile per l’addestramento di un cavallo nell’equitazione naturale.  Se il cavallo ha sviluppato un impulso sufficiente,  è preferibile farglieli trovare in gara perché il cavallo metterà un maggiore impegno.  Il cavaliere dovrà avere l’avvertenza di riscaldare bene il cavallo anche effettuando molti salti piccoli in campo prova:  dovrà cercare sempre di avvicinarsi ai salti perché in questo modo migliorerà l’uso che della schiena fa il cavallo ed gli ostacoli larghi, saranno meno larghi!

Il cavallo è pronto per cominciare a saltare quando riesce ad effettuare delle transizioni ben marcate alle tre andature ed  il cavaliere riesce a galoppare contro gli ostacoli senza compromettere l’equilibrio del cavallo.   In gara si passa alla categoria successiva solo quando il cavallo compie il percorso da sè, galoppando contro gli ostacoli  senza incertezze e senza errori.

In conclusione, l’uso del salto come mezzo per addestrare il cavallo è inutile e logora anzitempo il nostro saltatore,  soprattutto se è giovane, perché il consolidamento delle ossa non avviene prima del quinto anno (si pensi  alla precarietà dell’osso navicolare in un cavallo di 4 anni che salta, soprattutto se non è perfettamente equilibrato!) :  spesso questa pratica denota la scarsa conoscenza che hanno moltissimi cavalieri della tecnica corretta per saltare (“Didattica equestre” “Il salto”).

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Occorre invece concentrarsi sulla condizione muscolare (“La preparazione alle gare”) : uno strumento importante per ottenerla naturalmente è il lavoro in collina perché il cavallo è costretto ad inarcare la schiena per allungare il braccio di leva .

D’altro canto, in Francia, come in Italia, esiste un circuito di gare per “la valorizzazione dei cavalli giovani” .   Scorrendo la lista dei campioni delle varie età negli ultimi anni, si scopre che nessuno di essi è diventato famoso!  In realtà il circuito serve a vendere i cavalli ai gonzi.

Carlo Cadorna

2 Responses to “LA PROGRESSIONE NELL’ADDESTRAMENTO”

  1. Luigi #

    Gentile colonnello, io ho sempre fatto questo esercizio con il verticale dopo le barriere a 4m, lo avevo preso dal libro di Reiner Klimke che sosteneva che i 4 m erano necessari qualora il cavallo, invece di affrontarlo al trotto, avesse voluto mette una falcata di galoppo . C’e differenza con il suo?

    8 Agosto 2013 at 23:01 Rispondi
    • lastriglia #

      Gentile Luigi, con tutto il rispetto per il cavaliere, Klimke aveva un assetto di scuola che non gli permetteva di praticare l’equitazione naturale. C’è una differenza sostanziale: i cavalieri che sono stati formati all’equitazione di scuola cercano di tenere i cavalli lontani dai salti. Noi invece cerchiamo di avvicinarci lasciando al cavallo la facoltà di “tirarsi indietro”. La differenza sta tutta nell’uso della schiena. Essa viene ginnasticata saltando al trotto ed allargando le distanze al galoppo. A parte la teoria(che se è razionale precede la pratica) ho potuto tante volte fare il confronto tra gli stages di R. D’Inzeo (distanze larghe) e quelli tenuti da cavalieri dell’equitazione di scuola: non c’era proprio paragone! Ma la vera differenza è nello stato fisico e nel benessere del cavallo.

      9 Agosto 2013 at 06:11 Rispondi

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