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L’ ASSETTO IN SELLA

L’assetto consiste nel disporre ed impiegare le varie parti del proprio corpo sul cavallo in modo che siano funzionali al risultato che vogliamo ottenere.  Di conseguenza, se l’assetto non è perfetto, nemmeno il risultato dell’addestramento  potrà esserlo.   Quindi, gli appassionati che desiderano montare a cavallo bene devono concentrare la loro attenzione ed il loro impegno prioritario nell’acquisire, attraverso l’esercizio quotidiano, l’assetto qui sotto descritto.

L’assetto moderno è stato inventato dal Capitano di Cavalleria Federico Caprilli all’inizio del ‘900. Consente al cavaliere delle posizioni che lo armonizzano  dinamicamente con il movimento del cavallo (la tendenza ad inforcarsi) nella più completa decontrazione.  Quindi, poiché il cavallo sposta continuamente il proprio baricentro l’assetto sarà giusto quando consentirà sempre al cavaliere una posizione che lo assecondi attraverso la maggiore o minore flessione delle sue articolazioni.  L’assetto antico(di scuola) invece era legato al cavallo (concezione statica dell’equitazione = peso morto) anziché al suo movimento (concezione dinamica) e permetteva un’unica posizione.

Il cavallo può dare il massimo quando ha il libero uso della sua linea dorsale, porta il cavaliere in posizione inarcata e questi è fermo nel punto di minor fastidio e cioè appena dietro il garrese.    Inoltre deve essere riunito, con l’incollatura tesa in avanti e le articolazioni posteriori alte, lombo-sacrale e coxo-femorale,  flesse.

E’ un fatto acquisito dalla fisiologia che i muscoli possono essere impegnati, senza danni, esclusivamente nella decontrazione:  ma il cavallo non lo potrà essere se il cavaliere si irrigidisce.  Di conseguenza il cavaliere dovrà ottenere l’insieme che lo porterà a fare corpo con il cavallo, nella più completa decontrazione.

Si può ottenere esclusivamente con l’assetto di seguito descritto, basato sull’EQUILIBRIO  CON  IL  CAVALLO.               Il cavaliere deve tenere la testa alta e sciolta con lo sguardo in avanti per assicurare il migliore equilibrio e l’elasticità della colonna vertebrale. Le spalle aperte per assicurare l’equilibrio e dare scioltezza ed indipendenza alle braccia, presupposto per ottenere il cavallo teso sulle redini (avere il cavallo davanti a sé). Di conseguenza, braccia, avambraccia, polsi (arrotondati) e mani appartengono alla bocca del cavallo e devono essere abbandonate e protese in avanti con gli angoli aperti in direzione della bocca.

Le mani devono impugnare le redini stringendo i pollici sugli indici con gli anulari rilasciati, per dare elasticità al contatto con la bocca, ma pronti a chiudersi-rilasciarsi (frazione di secondo) per esercitare un’azione di resistenza (mezza fermata).

Il busto leggermente inclinato in avanti attraverso la flessione dell’articolazione coxo-femorale, per assecondare il movimento del cavallo, con le reni flessibili e sostenute la cui funzione è quella di far avanzare il bacino in un movimento ritmico dall’indietro in avanti, in sintonia con quello del cavallo, simile a quello che si compie per oscillare sull’altalena, contrastando la forza d’inerzia che spinge il cavaliere indietro.

Hanno anche la funzione di permettere al cavaliere di sollevarsi sull’inforcatura premendo sulle staffe e contraendo i muscoli delle reni,del bacino e della pancia per assecondare il movimento del cavallo (far sentire al cavallo l’insieme in ogni circostanza, soprattutto nei grandi spostamenti).

Inforcatura che tende ad avanzare nella sella per effetto del movimento del bacino sopra evidenziato (allo scopo di ottenere e mantenere la riunione). Ginocchia aderenti (senza sforzo) e flesse (circa 120°)per poter costituire un punto di forza per poter esercitare una resistenza (tanto maggiore quanto più sono vicine ai gomiti).

L’azione dell’assetto per assecondare il cavallo può conciliarsi con quella di resistere fermando l’assetto soltanto se è il bacino ad avanzare sopra i talloni e NON i talloni ad arretrare sotto il bacino.

Gambe naturalmente cadenti e piedi ben appoggiati sulle staffe, introdotti fino all’incavo (nel lavoro in piano possono appoggiare sulle staffe con la parte più larga – con il procedere del lavoro il cavaliere deve tendere ad inforcarsi e, quindi, il piede tenderà ad entrare nella staffa fino all’incavo).           Appoggiare i piedi sulle staffe con la punta è un errore perchè fa irrigidire le caviglie ed il cavaliere non potrà inserirsi nel movimento del cavallo(niente azione del peso del corpo).

A lato, il Cap. Larraguibel si riceve da un salto di m. 2,47 sul cavallo Huaso, conservando l’equilibrio e l’insieme con il cavallo  attraverso il giusto uso della staffa.    Osservare la grande flessione delle articolazioni posteriori alte e la minima dei garretti che hanno reso possibile l’eccezionale salto (su you tube c’è tutta la sequenza).

Accanto, l’assieme perfetto del Ten. Bizard.

Suola in fuori, allo scopo di far aderire le ginocchia (mentre le punte dei piedi devono essere tenute in modo naturale -leggermente in fuori-)ed appiattire le coscie e talloni spinti in basso (indipendentemente dalle staffe) allo scopo di tendere la muscolatura posteriore delle gambe che fa scendere l’assetto verso il basso fortificando la tenuta del cavaliere ed esercitando un’azione riequilibratrice sul cavallo addestrato.

La gamba che scende verso il basso consente al cavaliere di avere e sentire il cavallo davanti alle sue gambe (condizione necessaria per avere il cavallo in avanti).

 

 

Il cavaliere è un peso morto sul cavallo

 

 

 

 

 

La staffatura deve essere giusta: consentire una buona inforcatura e nello stesso tempo consentire al cavaliere, premendo sulle staffe, di sollevarsi sull’inforcatura (leggermente) e di fermare l’assetto per assicurare il controllo del proprio baricentro e l’indipendenza della mano, soprattutto quando deve resistere.

Quest’azione, che consente al cavaliere di unirsi dinamicamente al movimento del cavallo assecondandone il baricentro,  si chiama “GIUSTO USO DELLA STAFFA” (the right use of the stirrup) , costituisce il marchio di fabbrica dell’assetto del sistema oltre che la vera genialità di Caprilli; si esercita in modo sufficiente quando il cavaliere, da fermo, riesce a sollevarsi lentamente dalla sella senza attaccarsi con le mani e senza portare la testa oltre la verticale che passa tra la punta del piede ed il ginocchio.

Se il cavaliere si limitasse a piegarsi all’inguine,  non potrebbe assecondare il cavallo nei grandi spostamenti: il cavallo sentirebbe immediatamente che il cavaliere non è con Lui(“La montagnola”).  Bisogna tuttavia precisare che sollevarsi dalla sella con il giusto uso della staffa non significa mettersi in piedi sulle staffe, movimento che allontanerebbe il baricentro del cavaliere da quello del cavallo(l’amazzone della foto di presentazione è perfetta nel Suo assieme con il cavallo ottenuto attraverso il giusto uso della staffa). assetto1 001

Le staffe  hanno anche la funzione di consentire al cavaliere di resistere alla forza d’inerzia (fermezza in sella) in avanti fermando il ginocchio (azione del peso del corpo) (Leggi anche “L’istruzione a cavallo” e “Il senso del cavallo”). avvicinamento   Essa (la fermezza) è importante soprattutto nel cavallo riunito (“L’equitazione naturale e la riunione”) perché consente al cavaliere di porre un limite all’oscillazione del cavallo determinando non soltanto l’equilibrio, ma soprattutto l’impulso attraverso la progressiva flessione (caricamento) delle articolazioni posteriori. Nella foto a fianco (L. Dinitz) si vede un assetto che non scende (la gamba va indietro) per mancanza di spinta del tallone in basso: di conseguenza il busto precede il cavallo favorendo l’errore di anteriore (confrontare con la foto di P. d’Inzeo).

E’ quindi importante rilevare che se la gamba, anziché scendere verso il basso, va indietro cercando il costato del cavallo, la fermezza in sella non esiste più con gravi conseguenze sull’equilibrio e sull’impulso (tensione dorsale) del cavallo!

Quindi, la staffa ha tre funzioni: di appoggio, di spinta e di resistenza (mentre nell’equitazione di scuola non ne ha alcuna se non quella di fornire comodità al cavaliere).

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Le due ultime funzioni sono il presupposto della prima: infatti, se il cavaliere non spinge sulle staffe sfilerà indietro nella sella restando indietro rispetto al movimento del cavallo.

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Se non ferma l’assetto resistendo con le staffe,  tenderà a cascare in avanti: istintivamente si butterà indietro per evitare di farlo.

 

 

La foto a lato mostra il Gen. Ubertalli, allievo ed amico di Caprilli,  colto scrittore di cose equestri e detentore del primo record omologato di salto in elevazione (2,20 m.). La staffa esercita la funzione di resistenza. Nel Suo libro “Elementi di equitazione naturale” è scritto che compito dell’assetto è di consentire al cavaliere di “tendere ad inforcarsi”:  ne discende la necessità del giusto uso della staffa.

 

L’assetto amortizza le reazioni del cavallo attraverso le articolazioni lombo-sacrale, coxo-femorale, ginocchio e tibio-tarsica (come vediamo attuato in modo perfetto nelle foto).   Il ginocchio non deve essere fisso perchè scende in avanti per effetto dell’azione del bacino, in basso per la spinta dei talloni in basso, ma deve avere la possibilità di fermarsi in apposito alloggiamento della sella (quartiere con piccola imbottitura verso l’alto) per assicurare la fermezza del cavaliere.

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Nella posizione seduta l’assetto è uguale (non esiste, nell’equitazione moderna, un assetto sollevato ed uno seduto perchè l’assetto ha lo scopo di adeguare la posizione del cavaliere all’equilibrio del cavallo):  il cavaliere deve accordare il movimento tendi-rilascia della sua schiena con quello del cavallo.   Sarà tanto più facile quanto più il cavallo sarà riunito(con un cavallo non riunito l’assetto in posizione seduta è un controsenso perchè i due baricentri non potrebbero coincidere su un piano verticale) e, quindi, la cadenza lenta.   Dovrà percepire la sensazione di assecondare il cavallo in avanti con il movimento ritmico delle ginocchia.

Mano a mano che il cavallo arretra il baricentro, potrà raddrizzare il busto fino ad assumere una posizione verticale.  Portare il busto dietro la verticale è un grave errore perchè il cavaliere non sente più il cavallo, non può assecondarlo(diventa quindi un peso morto) ed esso perderà impulso. Il  cavallo  non è riunito, ma pesante sulla mano perché il busto del cavaliere va indietro (foto a fianco).          

 

L’assetto dell’amazzone a fianco è perfetto: di conseguenza è perfetta anche la postura del cavallo, in questo caso, riunito.

In linea di principio la posizione seduta è finalizzata alla ginnastica del cavallo riunito mentre quella sollevata all’impiego.  Ma va da sé che è il senso del cavallo (“Il senso del cavallo”) del cavaliere a determinare la posizione in sella: su di un cavallo con la linea dell’equilibrio (“La costruzione fisica del cavallo”) in discesa l’assetto dovrà essere molto sollevato.  Su di un cavallo riunito (linea dell’equilibrio in salita) dovrà essere vicino alla sella. 

Infatti  un cavallo che ha le anche alte non riuscirà mai a flettere le articolazioni alte con il cavaliere che gli preme sulla schiena e diventerà sempre più pesante sulla mano (vedi foto Cornelissen su Parzival che, infatti, ha sofferto di tendiniti).

Le caratteristiche funzionali dell’assetto che ho descritto hanno lo scopo di mettere il cavaliere in condizione di esercitare, in modo indipendente e quindi estremamente preciso,  l’azione degli aiuti:  peso del corpo,  gambe e mani.  Il cavaliere che non ha un assetto corretto,  non potrà realizzare, percepire o anche solo mantenere la tensione dorsale (“La tensione dorsale”) che è il presupposto per avere il cavallo diritto ed in avanti (impulso -“Il cavallo in avanti”).

Con il tempo, l’assetto deve diventare forte, ma non perchè mantenuto con la forza(il corpo del cavaliere diventerebbe un peso morto sulla schiena del cavallo) bensì perchè scende ed avanza nella sella in completa decontrazione:  esattamente come le mani di un pianista!

 

 

La foto a fianco, commentata da G. Morris, riproduce un cavaliere in equilibrio che esercita l’azione del peso del corpo all’interno di una combinazione:  non l’avrebbe potuto fare se la gamba fosse andata indietro (come nel manuale della FISE!).  Il piede dovrebbe essere maggiormente introdotto nelle staffe.  Confrontare questa istantanea con quella dell’articolo “L’equitazione e la logica” ed osservare come due assetti diversi nella posizione e nella funzionalità, determinano un atteggiamento profondamente diverso nel cavallo.

Il cavaliere che fa il giusto uso della staffa si riconosce per la fermezza nell’armonia con il cavallo ed anche perché la staffa è sempre sulla perpendicolare del suo baricentro(soprattutto quando si riceve dai salti-la foto sotto è perfetta).  

Il buon cavaliere è quello che ha sempre una mano libera….

Carlo Cadorna

9 Responses to “L’ ASSETTO IN SELLA”

  1. Filippo Gargallo #

    Ogni tanto lo rileggo. Direi che fa sempre bene.
    Filippo Gargallo

    25 Febbraio 2014 at 17:01 Rispondi
    • lastriglia #

      In questo articolo c’è l’essenza della buona equitazione: infatti i lettori italiani non lo considerano mentre ogni mattina trovo decine di commenti in lingua inglese!

      25 Febbraio 2014 at 19:14 Rispondi
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    4 Marzo 2014 at 09:53 Rispondi
  3. giuseppe maria de nardis #

    Sistema Unico Italiano … non si potrebbe provare ad inviare questo testo alla Commissione così da farle risparmiare tempo e mal di testa?

    giuseppe maria de nardis

    15 Aprile 2016 at 16:50 Rispondi
    • lastriglia #

      Purtroppo l’Opinione Equestre ha pubblicato dei video di lezioni del Capo Commissione nelle quali confonde l’assetto con la posizione…

      15 Aprile 2016 at 21:08 Rispondi
  4. Buongiorno, Colonnello!
    Come e persino più di tanti altri, questo articolo vale oro. Il suo contenuto è raro e prezioso.
    Grazie 🙂

    10 Maggio 2016 at 00:50 Rispondi
    • lastriglia #

      Grazie! Non ho inventato niente ma vi ho dedicato molto approfondimento perché è il presupposto della buona equitazione. Se gli istruttori impostassero i ragazzi, fin dall’inizio, come descritto avremmo meno problemi… Invece è raro trovarne uno che appoggia i piedi sulle staffe!

      10 Maggio 2016 at 06:06 Rispondi
  5. Sara #

    Buongiorno, l’articolo è molto ben scritto, grazie dell’approfondimento. Tuttavia mi chiedo, la staffa, non dovrebbe essere sempre portata nel primo terzo del piede? La posizione della staffa al tacco era dovuta al fatto che le scarpe dei militari avevano una forma diversa dalle attuali, dico bene? Se dovessi insegnare dalla base qual è la giusta posizione del piede nella staffa non mi sentirei di dire che va portata fino in fondo per essere correttamente posizionata in sella.
    Grazie a chi mi risolvesse questo dubbio!

    30 Agosto 2017 at 14:47 Rispondi
    • lastriglia #

      E’ una giusta domanda che denota serietà e precisione: La Striglia si rifa alla tradizione caprilliana vista secondo le esigenze dell’equitazione moderna. Caprilli ha prescritto “tutto il piede nella staffa” per i soldati che dovevano essere messi in grado di stare in sella in pochi mesi. Per l’equitazione sportiva ha dettato nuove regole che prevedono la staffa “calzata fino all’incavo” che è ben diverso che fino al tacco (l’incavo è lungo circa 8 cm.) perché permette la flessione della caviglia (se è stata ginnasticata). Nella foto di Piero d’Inzeo pubblicata si vede appunto la staffa calzata fino all’incavo. All’opposto, se la staffa è appoggiata in punta, la caviglia tende ad irriggidirsi e l’appoggio sulle staffe non è completo: senza appoggio completo sulle staffe il cavaliere tende ad unirsi al cavallo (concetto statico) e non al suo movimento (concetto dinamico). Quindi si deve appoggiare il piede almeno con la parte più larga. Sta all’istruttore e poi al cavaliere scegliere la posizione più idonea. In linea di massima l’appoggio nell’incavo facilita la fermezza dell’assetto ed è consigliabile montando in campagna mentre l’appoggio sulla parte più larga agevola la flessione della caviglia. Il neo campione europeo, P. Friedricson, monta in modo corretto ed appoggia bene i piedi sulle staffe. Io credo che nell’insegnamento bisogna sempre puntare alla decontrazione del cavaliere senza nulla di forzato: se viene più facile all’allievo esercitare il “giusto uso” della staffa appoggiando la parte larga va bene così. Poi, mano a mano che l’articolazione della caviglia si scioglie, è utile saper utilizzare la posizione nell’incavo, anche perché galoppando in campagna con un assetto giusto (che si inserisce) viene naturalmente.

      31 Agosto 2017 at 06:52 Rispondi

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