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L’USO DELLA SCHIENA

 

 

 

 

 

 

                                                       

                                                            Molti lettori definiscono questo sito “complicato” per i contenuti di difficile comprensione.  Poiché lo scopo della “Striglia” è quello di diffondere tra gli appassionati  la buona equitazione, quella rispettosa e generatrice del benessere del cavallo,  il problema mi preoccupa non poco. 

Poiché una delle maggiori difficoltà è costituita dal reperimento di fotografie idonee,  da tempo mi sto dedicando alla loro integrazione negli articoli passati allo scopo di illustrarne meglio il contenuto.  

Certamente, la spiegazione del funzionamento della meccanica del cavallo non può che passare attraverso concetti che sono propri della fisica a livello universitario: non bisogna però dimenticare che internet offre grandi e semplici possibilità.  Basta scrivere su Google la parola misteriosa (leva??) ed immediatamente si ottiene un campionario di risposte scientificamente valide. 

Inoltre ho dato e ribadisco la mia disponibilità a chiarire meglio quello che chiaro non fosse: ne sarei anzi particolarmente lieto.  Se non si vuole intervenire nel sito si può scrivere all’indirizzo mail  lastriglia.com@gmail.com  . 

Infine, poiché tutta l’Equitazione ruota intorno agli stessi concetti che sono tra loro interdipendenti,  è la lettura di tutto il sito che aiuta a comprendere:   anche perché, per formazione culturale, non sono abituato a sprecare le parole.  Quindi,  quando espongo un concetto lo dò per acquisito. 

Per questo motivo, avendo reperito delle fotografie valide (sul piano didattico), ritorno sul concetto, già più volte espresso, di che cosa significa, per un cavallo,  usare la schiena. 

 

 

 

 

 

 

Nel mondo si confrontano oggi due sistemi di addestramento del cavallo conseguenti a due differenti concezioni dell’assetto (poi, ovviamente, vi sono molti miscugli tra i due metodi ).  Vi è l’assetto di scuola legato al cavallo ed alla tradizione  antica (foto sopra) che vuole il cavaliere “incollato” al cavallo attraverso soprattutto l’esercizio senza staffe (hanno una funzione accessoria di comodità).

 

 

 

 

 

Poi vi è l’assetto del Sistema di Equitazione Naturale (“Caprilli: un GENIO incompreso”) che vuole il cavaliere legato al movimento del cavallo (osservare nella foto il maggiore sviluppo muscolare del posteriore e dell’incollatura) :  si ottiene attraverso il “giusto uso della staffa” (“L’assetto in sella”) alla quale viene conferita una funzione specifica di appoggio, resistenza e spinta (“L’azione del peso del corpo”). 

L’equitazione di scuola consegue quindi ad un concetto statico della struttura del cavallo del quale si vuole sviluppare la forza dopo averne assicurato il controllo attraverso la flessione dell’incollatura. 

L’equitazione naturale consegue invece ad un concetto dinamico e si propone di valorizzare la spinta esercitata dalle leve posteriori quando l’oscillazione della colonna vertebrale le disponga in posizione idonea. 

 

 

 

 

 

Ho messo in rilievo (“Cross-country: equitazione in declino?”) gli inconvenienti dell’equitazione di scuola che utilizza il cavallo non come è ma attraverso degli effetti, ottenuti attraverso l’azione degli aiuti,  che provocano la contrazione della muscolatura dorsale. 

L’Equitazione Naturale invece modifica in modo permanente la meccanica e la struttura del cavallo rendendola idonea all’utilizzo spontaneo delle leve posteriori (quindi senza contrazioni).  Ho messo in rilievo (“Lo sviluppo della funzione di flesso-estensione”) come essa corrisponda esattamente a quanto si fa nell’atletica umana.  

Quindi l’affermazione di molti cavalieri italiani secondo i quali il metodo caprilliano sarebbe superato è priva di fondamento logico:  è invece certamente superata una versione codificata per i soldati e purtroppo diffusa anche nell’ambiente equestre da parte di istruttori poco qualificati perché troppo elementare in rapporto alla complessità delle competizioni odierne. Come è superata l’equitazione di scuola per la sua concezione statica

Ho trovato due fotografie non facili da interpretare e, proprio per questo,  idonee ad individuare la differenza tra i due metodi. 

 

 

 

 

 

 

La prima(cavallo baio) mostra quello che oggi è ritenuto il miglior cavallo in Francia, Armitages Boy.  Ad una prima osservazione risalta la coda rigida e portata per aria: significa (“Il linguaggio del cavallo”) che la colonna vertebrale è rigida e quindi che il cavallo non usa la schiena perché le articolazioni alte (lombo-sacrale e coxo-femorale) non si flettono.  

Infatti, osservando meglio, la schiena è imbarcata, pur in un cavallo corto e costruito bene di sua natura. Altra naturale conseguenza è che la base dell’incollatura è infossata  pur in un cavallo rispettoso , che non vuol toccare. 

La conseguenza di tutto questo?  Il cavallo è fermo da mesi per una tendinite, lesione che si manifesta quando c’è uno squilibrio sugli anteriori:  infatti un cavallo con la schiena ferma non riesce a coordinarsi tra treno posteriore e treno anteriore. 

 

 

 

 

 

 

Il secondo cavallo (grigio), Charlie, ha invece la schiena inarcata e la base dell’incollatura sollevata.  Notare l’apparente poco impegno che mette nel salto. 

Bisogna precisare che i due metodi hanno entrambi lo scopo di ottenere equilibrio ed impulso dal cavallo:  quando sono in fase di formazione sono molto diversi. 

Ma quando il risultato finale è stato raggiunto solo un occhio molto esperto può individuarne la differenza fondamentale.  Basta guardare i cavalieri che ritengo interpretino meglio i due metodi:  Marcus Ehning per l’equitazione di scuola e Bezzie Madden per quella naturale.

 

 

 

 

 

 

Il primo va verso il salto premendo con l’inforcatura e tenendo con le mani;  la seconda cedendo (cedere trattenendo) con la mano, l’inforcatura inserita nel movimento del cavallo e  le gambe vicine.  

 

 

 

 

 

Dalle dichiarazioni dei cavalieri che hanno partecipato alla finale mondiale, risulta che Cortez, il cavallo della Madden, ha “un galoppo speciale”.  In realtà si tratta soltanto di un galoppo diverso!!

Per concludere è importante rilevare che vi è uno stretto collegamento tra l’uso che fa il cavallo della sua schiena e quello che ne fa il cavaliere della propria: si legge infatti sul Regolamento per il Dressage (scritto da grandi cavalieri del passato), art.417,2 ,  “Solo un cavaliere che sa sostenere o rilasciare le sue reni al momento opportuno è in grado d’agire direttamente sul suo cavallo”.

 

                                                                                                          Carlo  Cadorna

N.B. In apertura il canadese J. Candele che pratica l’equitazione naturale ed i cui cavalli  usano la schiena.

 

A fianco il Col. Tommy Salazar, Direttore della Equitazione a Pinerolo quando mio Padre era il Comandante.  L’uso della linea dorsale- schiena compresa- è perfetto su una staccionata a tre filagne (più di 1,50).

 

 

 

4 Responses to “L’USO DELLA SCHIENA”

  1. timoteo #

    Buongiorno , per essere in argomento :
    1). non comprendo il concetto di resistenza e di spinta della staffa perché pensavo che la staffa dovesse semplicemente rimanere nella verticale del peso del cavaliere .
    2)se cedendo con la mano il cavallo parte “grande”.. non mi viene che tenere di più ,o per lo meno cosi’ mi dicono di fare ; (ma ci sarà un alto motivo credo per cui il cavallo a volte mi parte grande. )
    Poi lee foto esprimono bene il risultato dei due metodi di addestramento , il fatto è che probabilmente quello naturale richiede molto più tempo per la messa in equilibrio del cavallo ..?
    Grazie..
    .

    13 Novembre 2014 at 15:04 Rispondi
    • lastriglia #

      Belle domande, alle quali però ritenevo di aver risposto parlando dell’assetto(“L’assetto in sella”). Il cavaliere deve potersi unire al movimento del cavallo per poter far coincidere sulla stessa verticale i due baricentri in ogni circostanza. Pensi ad un cavallo che salta in dislivello o che affronta combinazioni impegnative con distanze non perfette. Vi sono due condizioni limite: quella nella quale il cavallo “frena” e quella nella quale “accelera”. Quando frena (vedi foto su “L’azione del peso del corpo”) il cavaliere, per conservare l’indipendenza della mano, deve poter resistere alla forza cinetica in avanti determinata dall’inerzia: lo può fare se ferma il ginocchio (punto di resistenza) utilizzando la staffa come leva(spingendo il tallone in basso e la suola in fuori). Tipico il salto nell’acqua magari in combinazione con un fronte stretto: se il cavaliere si butta indietro-come fanno oggi- non sarà in grado di gestire correttamente l’impulso del suo cavallo(osservi la foto in fondo al mio curriculum: c’erano 70 cm. d’acqua e non i 20 di oggi!). Quando accelera deve resistere alla forza cinetica all’indietro: lo può fare esercitando una spinta sulle staffe come per sollevarsi dalla sella(azione delle reni). Il cavallo può partire grande per due motivi opposti: o perché non vuole usare la schiena (rigida) oppure perché è perfetto, in equilibrio e con molto impulso. Nel primo caso bisogna lavorarlo meglio e stringere le distanze utilizzando le barriere a terra o piccole combinazioni. Nel secondo bisogna aspettare la decisione del cavallo iniziando ad esercitare l’azione di spinta sulle staffe mediante la spinta del tallone e la tensione delle reni(azione del peso del corpo). Per ottenere un buon risultato con l’equitazione naturale ci vuole poco (un anno) se si comincia il cavallo dalla doma perché vi è un funzionamento perfetto della linea dorsale. I cavalli cominciati male richiedono invece molto tempo (3-4 anni) ma poi il risultato è definitivo e durano un’eternità. Con l’equitazione di scuola si fa prima ma è un risultato illusorio. Il miscuglio tra le due scuole dovrebbe essere evitato perchè coinvolgono muscoli diversi che possono contrastarsi a vicenda. Ma, dovendo impiegare in gara dei cavalli che non sono riuniti(selfcollection), un pò di lavoro di scuola in campo prova è indispensabile. Quindi, se un cavaliere tiene veramente ad un cavallo, bisognerebbe fare soltanto del lavoro naturale finchè il cavallo non è pronto: lo è quando viene giusto nella mano da solo, semplicemente lasciandolo scorrere(“Le fasi dell’addestramento”).

      13 Novembre 2014 at 20:50 Rispondi
  2. filippo gargallo #

    Osservando le fotografie, si nota come il grigio mantenga (nonostante la “baracca” che salta!) la coda naturalmente abbassata.

    20 Novembre 2014 at 09:36 Rispondi
    • lastriglia #

      Esatto: questo dipende dallo sviluppo della muscolatura dorsale che si può vedere nella foto (groppa ben tornita…).

      20 Novembre 2014 at 11:00 Rispondi

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