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CATTIVI CAVALLI O CATTIVI CAVALIERI?

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Come ho già scritto in altro articolo (“La formazione degli istruttori”) l’Italia, dopo un lungo periodo caprilliano, condotto senza il rigore normativo e pratico che lo rende adatto all’odierna competizione, è scivolata verso sistemi di origine straniera anche con il fattivo apporto di tecnici di sicuro successo internazionale.

Tutti questi tecnici hanno un metodo(che ne determina il successo) che applicano selezionando i cavalli che vi si adattano. Sono i famosi cavalli “cavalcabili” dando per scontato che quelli che non lo sono non sono adatti per la pratica dello sport equestre.

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Ma siamo sicuri che sia veramente così? Oppure la cavalcabilità dei cavalli rappresenta soltanto la scusa dei cavalieri mediocri per evitare di mettere in discussione la loro presunta capacità equestre (nel suo significato più pieno) con tutte le conseguenze che ne derivano.

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Infatti tra i cavalli non cavalcabili vi sono quelli di particolare carattere che, invariabilmente, sono anche i più qualitativi perché sanno e pretendono di metterci del loro nell’effettuare qualunque cosa il cavaliere gli richieda.

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Faccio un esempio pratico: un noto istruttore olandese ha introdotto in Italia, allo scopo di far usare la schiena ai cavalli, il metodo di saltare barriere a terra o piccoli ostacoli chiudendo la linea dorsale con redini ausiliarie o imboccature severe. Questo metodo, che ovviamente ho provato, ottiene qualche risultato anche soddisfacente.

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Ma sorge spontanea la domanda se è altrettanto valido di quello utilizzato dal nostro più grande preparatore di cavalli (“Il nuovo regolamento di S.O.”): parlo di Raimondo d’Inzeo che utilizzava un metodo opposto privilegiando sempre la libertà d’incollatura e di schiena. Metodo che coincide con lo spirito e la lettera di questo blog e che riesce con ogni genere di cavallo, soprattutto con quelli più sensibili.

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Penso soprattutto a “Fiorello” che ho potuto seguire dagli inizi fino all’impiego da parte del nostro Presidente che, sicuramente, ne avrà apprezzata la leggerezza e la giusta meccanica che esprimeva anche nel salto.

Ma il nostro campione otteneva che il cavallo usasse la schiena attraverso il lavoro in piano: il salto gli serviva soltanto per liberare e ginnasticare tutta la spinta sviluppata.

Da Rios

 

 

 

 

 

Il metodo “moderno” utilizzato soprattutto dai cavalieri tedeschi ed olandesi, invece richiede al cavallo l’uso della schiena attraverso la costrizione utilizzata per limitare la sua naturale attitudine al salto. Come tutte le costrizioni ha degli effetti difficili da diagnosticare su di una struttura complessa come quella del cavallo.

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Per la mia esperienza e per quello che osservo in campo internazionale questo metodo ha degli effetti apparentemente positivi soltanto temporanei che devono essere costantemente esercitati;   è invece altamente probabile che abbia degli effetti devastanti sulla struttura dei cavalli determinando rigidità articolari e sforzi muscolari.

E’ di questi giorni la notizia che il campione del mondo ha “rotto” ( comparsa di un grave “flemmone” posteriore) un cavallo di eccezionale qualità che gli era stato da poco affidato; d’altro canto chi ha visto la cavalla Chiara nel GP di Lione non può non averne constatato il declino atletico certificato anche da alcune difese eloquenti (parlo di benessere dei cavalli – non discuto le qualità agonistiche dei suddetti cavalieri che sono indiscutibili).    E’ evidente che i grandi cavalieri, proprio perché hanno una sensibilità maggiore degli altri, sono doppiamente responsabili delle lesioni dei loro cavalli!

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In conclusione, se vogliamo formare dei buoni cavalli con cui poter ottenere risultati all’altezza delle nostre vecchie tradizioni, dobbiamo tornare al più presto ad una buona equitazione basata sul rispetto del cavallo che esclude la costrizione e l’uso della forza.

Carlo Cadorna

P.S. Due persone,  (tra cui un allievo di R, d’Inzeo!!!) hanno ironizzato sul mio articolo per lesa maestà dei due grandi cavalieri. L’ironia è sempre gradita perché è un segno di intelligenza:  ma non quando decade a tentativo di mettere in cattiva luce, in pubblico, la competenza di una persona.  Io non ho criticato la monta dei cavalieri, ma la gestione di due cavalli che sono, sul piano dell’integrità fisica, oggettivamente finiti.  Quando un cavallo riporta una grave lesione( il flemmone è gravissima) si risparmierà sempre su quell’arto e, quindi, non potrà più dare prestazioni di primo livello.  Quando un cavallo manifesta delle difese con la coda o con i posteriori, è certo che ha un problema fisico avanzato. Ricordo ai lettori che l’anno scorso, in previsione dei campionati europei, avendo letto il giudizio di un cavaliere che metteva London, il cavallo di G. Schroeder, tra i favoriti, scrissi che non aveva alcuna possibilità perché non era integro, manifestandolo con la coda ed i posteriori. In questi giorni i giornali ci raccontano che i nuovi proprietari di London hanno fatto causa ai venditori perché il cavallo non è sano!       Nel mondo equestre di oggi certi “incidenti”, che peraltro capitavano normalmente 30 anni fa,  non sono più ammessi. Tutti i cavalieri ne devono essere consapevoli e devono obbligatoriamente porre tutte le attenzioni (la progressione!) affinché non si verifichino:  ne va del futuro del nostro sport!   Infine, alcuni personaggi ritengono che la competenza competa ai campioni:  si sbagliano di grosso perché compete invece a chi ne ha la conoscenza(“La selezione dei giudici di completo e di dressage“);  e la conoscenza,  in tutte le discipline, si ottiene con lo studio e l’applicazione.

2 Responses to “CATTIVI CAVALLI O CATTIVI CAVALIERI?”

  1. timoteo #

    In effetti ho notato che la ceduta della mano verso la bocca del cavallo non è mai abbastanza , anzi si salta molto drizzandosi semplicemente sulle staffe anziché avanzare con le mani piegando anche la schiena ,.con il risultato che i cavalli flettono il collo alle cervicali .. anziché estenderlo.

    6 Novembre 2015 at 16:55 Rispondi
    • lastriglia #

      Proprio così! Il cavaliere dovrebbe avanzare con le mani soprattutto nella seconda parte del salto per aiutare il posteriore a sollevarsi: lo può fare soltanto se l’assetto gli consente di sollevarsi dalla sella e non semplicemente piegarsi all’inguine. Ho inserito apposta una foto del grande campione D’Oriola in mezzo ad alcuni cavalieri “moderni”!

      7 Novembre 2015 at 04:57 Rispondi

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